Torna Phytos

Autore Carlo Di Stanislao

PHYTOS Piante medicinali Fitoterapia energeticaLa fitoterapia è da qualche anno di uso corrente in Italia e alcuni medici hanno iniziato a parlare di fitoterapia di terreno, di fitoterapia clinica e di fitoterapia energetica. Gli aggettivi hanno il compito di specificare di che tipo di fito stiamo parlando e quelli citati hanno tutti lo scopo di sottolineare che è la costituzione del soggetto. Il testo che ha aperto la strada a questo nuovo modo di vedere l’impiego delle piante nell’uomo si intitolata “Phytos” ed è stato pubblicato da Carlo Di Stanislao e Leonardo Paoluzzi nel 1990 (vedi: www.agopuntura.org/editoria-e-media/pubblicazioni; www.menabionline.it/biblioteca.html e web.tiscali.it/paoluzzi/libri.htm), esaurito nel breve volgere di alcuni mesi e da allora introvabile.

Quel libro torna in vita grazie al Centro Studi Xin Shu, che ne ha finanziato, con il sostegno de l’AMSA e l’assenso degli AA, la ristampa in tiratura limitata, conservando il formato, la splendida, originale iconografia e la strutturazione, con parti relative alla definizione di energetica e di costituzione, monografie specifiche di 30 rimedi vegetali e schede di trattamento di patologie frequenti, dall’acne, alla artrosi, dai reumatismi infiammatori, alla menopausa, amenorrea, dismenorrea, cefalee, varici, emorroidi, stipisi, diarree, colite, gastrite, ansia, depressione, insonnia ecc. Il testo, che potrà essere richiesto esclusivamente alla segreteria del Centro Xinshu,  insegna come, nell’epoca attuale il processo di secolarizzazione abbia assunto la caratteristica di neopaganesimo manierato ed approssimativo: si vuole a tutti i costi liberare la terra dal dolore, dalla sofferenza, dalla morte, dal male, non già ricorrendo al futuro, ma alle esistenti conquiste del sapere scientifico.

L’intenzione (fanciullesca e risibile) è quella di dominare tutto l’esistente concentrandolo entro i limiti dell’orizzonte reale noto, prescindendo, e anzi negando, ogni realtà al di fuori di tale comprensione. In questo presente assolutizzato che vede nel dolore (e più in generale nella malattia) il demone che ostacola il rapporto io-mondo, l’uomo vive una solitudine fatta di confusione e di vero isolamento, poiché privata della dimensione storica del passato e del futuro. Quindi non ci sembra incredibile che, in un secolo come il nostro (pieno di successi teorici e pratici), si senta la necessità (da parte di tutto il mondo scientifico) di ripensare anche storicamente alla definizione di malattia e di sofferenza e di valutare, in chiave meta-storica, la posizione della Medicina nei confronti della patologia e del dolore.

L’affermarsi in occidente della “scienza razionalistica” (datando con Cartesio e Galileo la nascita della scienza “tout-court”), ha prodotto anche nel sociale, la frattura fra “res cogitans” e “res extensa” ed ha privilegiato la matematica e la fisica che, occupandosi della seconda, ha obliterato ogni possibilità di sviluppo o speculazione di ordine “filosofico” attorno all’uomo ed alla sua sofferenza. Ma poiché (oggi ce ne avvediamo terribilmente) l’uomo è al “crocicchio” della dicotomia cartesiana, per poter analizzare il “biologico” (in chiave meno restrittiva del semplice “presente”) occorre abbandonare una visione meccanicistica e riduttiva, per recuperare un afflato animistico che sia sì metafisico ed esoterico in senso pieno, ma non già astratto e meramente speculativo. I tempi sono maturi per uscire dalla “empasse” scientifico o alternativo, per ricostruire una medicina proto-scientifica (ma in senso spiccatamente encomiastico) dove le conquiste recenti (fisiochimiche e di altro genere) fungano da temperante supporto alle seduzioni dei vari medici antichi.

Siamo quindi convinti (con Lyotard ed altri) che il “tramonto delle grandi narrazioni filosofiche ha determinato il declino delle grandi ideologie e utopie”, privando l’uomo del passato e del senso di divenire storico e lasciandolo orfano di quello che era il suo “senso della libertà”. L’uomo di oggi, imbevuto di “presente” e di perfetto personaggio alla “Becket” che si ritrova a viaggiare e lo fa senza saperne il fine e provandone una “stupida felicità”. Quest’uomo, ottenebrato e bramoso di piaceri facili, subitanei, immediati, vive il suo presente da “angelo ribelle alla natura” e chiede al mondo medico un azione divinatrice e maieutica che è fuori dalla sua sfera e dalla sua portata. Quest’uomo che oltraggia la natura (in senso non solo ecologico, ma anche di non comprensione del “timor panico” di certe auree, presenti forse non solo nell’attuale mondo orientale) sconfitto dalla impotenza della scienza medica si rivolge, come una marionetta, al mondo delle “medicine dolci o naturali”, chiedendo a questo il paradiso perduto della sua immortalità. La riscoperta della natura dovrebbe essere “azione dell’uomo sulla natura” (ricordate Bregson?), comprensione del senso “panico” (in chiave ellenica), riappropiazione di un mondo fisico che non dia l’idea di perfezione, bensì quella di “naturalità”.

Nel libro, la visione integrata dell’uomo diventa un’esigenza non teorica, ma terapeutica, in cui la pianta e i suoi componenti attivi si inseriscono, nei processi di guarigione, come stimolanti della reazione dei sistemi biologici omeostatici. Il grande merito di questo libro è quello di sensibilizzare il medico a un approccio fitoterapeutico, secondo una visione sistemica della malattia e con una diagnosi di squilibrio energetico dei vari organi ed apparati, in sintonia con le basi olistiche della medicina tradizionale cinese. L’esperienza della malattia, dal punto di vista sistemico, è il risultato di una sintomatologia clinica che può rendersi manifesta a vari livelli sull’organismo, seguendo un ordine stratificato implicante livelli di diversa complessità, sia all’interno di organismi singoli, sia in sistemi sociali ed ecologici. Gli organismi viventi sono sistemi complessi di auto-organizzazione che esibiscono un alto grado di stabilità; quanto più dinamico è lo stato dell’organismo, tanto maggiore è la sua flessibilità. Quale che sia la natura della flessibilità, fisica, mentale, sociale, tecnologica od economica, essa diventa fondamentale, affinché il sistema abbia la capacità di adattarsi a mutamenti ambientali. In ultima analisi, la perdita della flessibilità implica la perdita della salute.

La salute, vista sotto questa angolatura, può essere definita come un’esperienza di benessere risultante da un equilibrio dinamico, fisico, biologico e psicologico dell’organismo, senza dimenticare le interazioni di quest ultimo, col suo ambiente naturale e sociale. Il concetto di salute come equilibrio energetico dinamico è in accordo, sia con la visione sistemica della vita, che con i modelli tradizionali di salute e di guarigione: il modello della tradizione ippocratica e quello della medicina orientale.
L’opera in questione si identifica in questa tradizione e merita l’apprezzamento di qualsiasi terapeuta che sia interessato alle nuove frontiere della scienza.