Principi di meditazione taoista: equilibrio tra quiete e movimento
“Non cercate altrove ciò che è in voi… !”
George Charles
“Gli dei non sapevano scrivere”
Goethe
a cura di Carlo Di Stanislao, Rosa Brotzu, dante De Berardinis
Meditazione deriva dal latino meditatio, che indica l’azione di meditare, di riflettere, di pensare. La radice è tratta da medius, che è in mezzo, al centro, centrale, poi da medius fidius che deriva dall’espressione “me Dius fidius”, sottintendendo juvet, che invece esprime i concetti di certo, certamente, senza dubbio, con certezza, infallibilmente (AAVV, 2002; Devoto, 1970). Come si può vedere, le radici etimologiche classiche latine del termine meditazione implicano un’azione la quale all’origine era considerata infallibile, certa, quindi centrata (Devoto, 1970).
In qualche modo è paragonabile alla freccia che raggiunge non soltanto il bersaglio, ma il suo stesso centro (Edde, 2002). Questa immagine si ritrova nel carattere cinese Zhong (Chong, Tchong) (Ricci 1266) che indica il mezzo, il centro.
All’origine si trattava del suono che provoca la freccia quando si pianta nel centro del bersaglio, come suggerisce l’antico carattere cinese (Larre et al., 1997; Moiraghi, 1996). Quindi la meditazione non consiste nel non fare niente o nel far finta di non fare niente, ma al contrario nell’“agire centrato” o agire con la coscienza del centro (Robinet, 1984).
Per i taoisti si tratta del famoso Wuwei che si dovrebbe tradurre come “non-intervento” o “non-ingerenza” poiché si parla di “agire cercando di non intervenire”(Read, 1998). Usando l’immagine dell’arco, della freccia e del bersaglio, Wang Yang Ming spiegava che il Wuwei consiste nell’atto essenziale del tiro: lo scoccare la freccia. Quando l’arco è saldamente tenuto nella mano, la corda tesa al punto giusto, il bersaglio mirato con cura e l’intenzione è mobilitata, tale scoccare consiste nel non intervenire, quindi nel rilasciare la tensione del corpo liberando lo spirito (Deng-Ming, 2001). Allora la freccia, guidata dal soffio (Qi) e dall’intenzione (Yi) vola verso il bersaglio in un movimento infallibile (Dong) e ne raggiunge il centro (Zhong). In questo caso il “non-intervento” (Wuwei) dello scoccare la freccia permette l’azione (Wei) (Sullivan Lawrence, 2001). Si parla pertanto di “agire senza intervenire” (Wei Wuwei). Sotto questa condizione il tiro veniva considerato come una forma essenziale di “meditazione”. Questo è uno dei motivi per cui il Liji (Libro dei Riti) e il Shujing (Classico dei Documenti) consacrano vari capitoli al tiro con l’arco (Robinet, 1984).
Il termine sanscrito per meditazione nel senso di “agire centrato” o “agire con la coscienza del centro” è Dhyana (Devoto, 1970), termine che si è via via trasformato in Thyana, poi in Chan’na in Cina e infine in Zen’na in Giappone (Read, 1998). Chan’na ha dato origine al termine cinese Chan e Zen’na a quello giapponese Zen (Robinet, 1984). Siccome si trattava di agire, in seguito è apparsa la distinzione tra agire in piedi (Zhan Chan) e agire seduto (Zhou Chan). Questi termini furono impropriamente tradotti con “meditazione attiva” e “meditazione passiva”.
Invece la meditazione è sempre azione, sia da seduto che in piedi! (Edde, 2002; Deng-Ming, 2001). In Giappone come in Cina si fece una distinzione tra in piedi (Ritsu Zen) e seduto (Za Zen) e si affermò che andavano praticate ambedue, poiché insieme rappresentano l’equilibrio, quindi il centro (Robinet, 1984). Questa antica saggezza sembra essere scomparsa, se è vero che oggi la “meditazione” consiste spesso nello star seduto e smettere ogni attività. A questo punto bastano un po’ di musica e di fumo d’incenso per creare un’illusione. Ormai si medita come si fa la siesta in altre parti del mondo; l’unica differenza è che si è in gruppo. Tuttavia, i meno ingenui noteranno che il Dalai Lama in persona tiene sempre una spalla e un braccio nudi. Non si tratta dell’arto di una persona, anche se straordinaria, che si accontenta di fare la siesta con un po’ d’incenso e di musica.
In quella spalla e in quel braccio nudi vi sarà sempre un po’ di azione, centrata e in piedi, quando il resto del corpo è a riposo e completamente rilassato (Sullivan Lawrence, 2001).
Vale la pena ricordare qui un episodio della vita del grande Boddhidharma. Dopo esser stato deluso dal suo incontro con l’imperatore Leung, il santo monaco si rifugiò nel Monastero di Shaolin, si sedette di fronte a un muro e meditò in posizione seduta (Zhou Chan) per nove anni, fino a realizzare il Risveglio nell’Illuminazione. Desideroso di trasmettere questo insegnamento ai monaci, egli li invitò a partecipare alla sua meditazione. Ma questi non sopportano l’immobilità. Boddhidharma si ricordò allora di un’antica forma ginnica imparata da suo padre, il re Sugandha, e riservata ai cavalieri Kshatria. Questa ginnastica gli permise di recuperare l’uso degli arti e di passare dallo stato immobile (Zhou) allo stato mobile (Zhan). Egli suppose che sarebbe stato utile permettere ai monaci di passare dallo stato mobile (in piedi) a quello immobile (seduto) con la stessa tecnica. Così adattò e trasmise ai monaci questa antica arte che definì “Yijinjing Yisuijing” (Pulizia di muscoli e tendini – Purificazione del midollo e dei seni nasali). Rispetto alla forma seduta di meditazione (Zhou Chan), questa forma “attiva” (Zhan Chan), sarà trasmessa a Shaolin per i secoli a venire e poi, dopo la distruzione del tempio, nelle scuole classiche che seguirono (Read, 1998).
Il medesimo esercizio verrà esportato in Giappone con il nome “Eki Kinkyo” e in Corea con il nome “Jeou Yok”, paesi nei quali rimarrà per secoli la distinzione tra Zazen (meditazione seduta) e Ritsuzen (meditazione in piedi). Non è quindi un caso se Boddidharma, noto pure come Tamo, Putitamo, Damo, Bodai-Daruma, Pu Ti Duo Luo, Zunshe, ecc. viene rappresentato a volte seduto, a volte in piedi (Moiraghi, 1996).
Va detto, poi, che in ogni organismo vivente il movimento è espressione di vitalità. Come a livello del macrocosmo i corpi celesti seguono un incessante movimento, a livello del microcosmo è presente una continua attività vibratoria e di spostamento degli elettroni.
Anche a livello del corpo umano esistono una serie di attività che ne garantiscono l’equilibrio e la salute. Per fare qualche esempio possiamo pensare alla respirazione, alla pulsazione cardiaca, al flusso circolatorio del sangue e dei liquidi, ai movimenti viscerali; a livello più sottile, alla circolazione dell’Energia Vitale nei Meridiani ed al movimento dei pensieri e delle emozioni (Larre et al.1997).
La conoscenza attraverso il movimento implica diversi aspetti: ristabilire la connessione con sé stessi, al fine di trovare il proprio centro e l’unità del nostro essere (unità tra le varie parti del corpo, tra corpo e mente, tra emozioni ed azioni).
La regola base consiste nell’utilizzare movimenti semplici, integrati al respiro, che più facilmente possono condurre a movimenti nuovi, sempre più liberi da schemi precostituiti. Va anche ricordato che è indispensabile rispettare i propri limiti, vivendoli come opportunità di crescita creativa della propria espressività, anziché come barriere da infrangere in continua sfida con sé stessi. Bisogna pertanto ricercare, nel movimento, il proprio ritmo, l’ampiezza più comoda, la durata più opportuna (Moiraghi, 1999).
In questo modo si raggiunge il proprio piacere, come espressione della pulsione profonda, origine della vitalità e fonte di conoscenza istintiva (Moiraghi, 1996). A livello di tecniche psicofisiche tradizionali esistono numerosi insegnamenti di Qi Gong e di Tai Ji Quan (Moiraghi, 1999).
Uno degli stili più interessanti è il Tao Yin Fa (Qi Gong taoista) in cui viene proposta la “liberazione del movimento” e la ricerca del Movimento Respiratorio Primario o Respirazione Embrionaria (Moiraghi, 2002). Con questi termini si definisce la pulsione originaria della vita, il movimento di flusso e riflusso, di espansione e contrazione di ogni singola cellula, movimento che appartiene all’essere umano, come a tutti gli organismi viventi (Sullivan Lawrence, 2001). Più saremo in grado di percepire e accettare il carattere mutevole della vita e delle sue manifestazioni, più possibilità avremo di intervenire con la nostra intenzione per produrre delle trasformazioni (Hua).
Vediamo ora gli esercizi di base del Tao Yin Qi Gong e di molti altri stili di “meditazione attiva”. Occorre in primo luogo stabilire una postura equilibrata, immaginando di essere nell’acqua sino alla vita. Bisogna poi calmare la respirazione facendola discendere sino al ventre . Poi, immaginando che l’acqua salga lentamente sino al torace, durante l’inspirazione, muovere le braccia seguendo questo movimento di salita e, alla fine dell’inspirazione, portare le stesse verso l’esterno, con le palme rivolte verso se stessi. Respirando naturalmente, compiere un movimento di va e vieni con le braccia, avvicinandole durante l’inspirazione ed allontanandole nell’espirazione. In questa fase il bacino si estende e si ritrae al ritmo della respirazione e del movimento delle braccia. Durante questo esercizio occorre abbandonarsi il più possibile al flusso generato dal movimento, dal respiro e dalle sensazioni, le quali a loro volta, generano un movimento sempre più spontaneo e piacevole, fonte di gioia e consapevolezza.
Gli studi moderni sugli effetti di queste tecniche di meditazione consapevole dimostrano che essa agisce sullo stato generale dell’organismo e soprattutto sul Sistema Nervoso Vegetativo (SNV (Chan et al., 2001).
Su questo specifico argomento, 19 articoli sono stati pubblicati su Meline dal 1995 al 2002. Com’è noto il SNV, localizzato nell’asse cerebro-spinale e nella doppia catena ganglionare posta anteriormente alla colonna vertebrale, invia fibre deputate al controllo di funzioni viscerali ritmiche e involontarie. Esso si differenzia in tre grandi sezioni: ortosimpatico, simpatico e sistema enterico.
Le principali azioni delle due prime sezioni sono riassunte nella sottostante tabella (Bergamini et al., 2001):
Il controllo che il Sistema Nervoso Centrale esercita su quello Autonomo è complesso e coinvolge numerose strutture troncoencefaliche e l’ipotalamo. Le principali regioni ipotalamiche coinvolte nel controllo del SNA sono l’area ventromediale per l’ortosimpatico e quella laterale per il parasimpatico.
Il controllo ipotalamico si esercita tramite diverse strutture troncoencefaliche tra cui la sostanza grigia periacqueduttale e parte della formazione reticolare. Presumibilmente l’azione delle tecniche di meditazione taoista si realizza attraverso un coinvolgimento del Sistema Nervoso Centrale e, secondariamente, di quello autonomico (Chan et al., 2001).
Bibliografia
- AAVV: Lo Zingarelli 2003. Vocabolario della lingua italiana, Ed. Zanichelli, Bologna, 2002.
- Bergamini L., Bergamasco B., Mutani R.: Manuele di Neurologia Clinica, Ed. Cortina, Torino, 2001
- Chan C., Ho P.S., Chow E.: A body-mind-spirit model in health: an Eastern approach, Soc Work Health Care, 2001, 34(3-4):261-282
- Deng-Ming D.: Il Taoista errante, Ed. Il Punto d’incontro, Vicenza, 2001.
- Devoto G.: Avviamento alla etimologia italiana. Dizionario etimologico, Ed. Le Monnier, Milano, 1970
- Edde G.: Meditazione e salute, Ed. Il Punto d’incontro, Vicenza, 2002.
- Larre C., Berera F.: Filosofia della medicina tradizionale cinese, Ed. Jaca Book, Milano, 1997.
- Moiraghi C.: Le tecniche corporee nella medicina tradizionale cinese, Ed. Jaca Book, 1996.
- Moiraghi C.: Qi Gong, Ed. Fabbri, Milano, 2002.
- Moiraghi C.: Tai Ji Quan. La forma lunga e la forma breve. La tradizionale disciplina cinese per armonizzare lo stato vitale dell’organismo, prevenire le malattie…,Ed. Pan Libri, Milano, 1999.
- Read D.: La medicina tradizionale cinese, Ed. TEA, Milano, 1998.
- Robinet I.: Meditazione taoista, Ed. Astrolabio, Roma, 1984.
- Sullivan Lawrence E.: Il cosmo e la saggezza nel taoismo, Ed. Jaca Book, Milano, 2001.
Indirizzo per chiarimenti c.distanislao@agopuntura.org