Sul placebo e i suoi insegnamenti
Di Carlo Di Stanislao
“Senza entusiasmo non si è mai compiuto niente”
Ralph Waldo Emerson
“La natura umana ha, anche lei, strane ragioni bicornute che il cuore certamente ignora”
Graham Greene
La parola placebo si riferisce a una sostanza che non ha alcun effetto curativo né alcun effetto nocivo. Nella medicina moderna questa pillola fa parte delle ricerche cliniche sull’efficacia reale dei farmaci che vengono proposti dai laboratori dove si sintetizzano chimicamente molecole nuove. Si vuole eliminare in tal modo la componente emotiva, psichica, legata nel terapeuta al desiderio di vedere dei successi e nel paziente ad un parallelo desiderio di ricevere una sostanza finalmente capace di alleviare le sue sofferenze.
Il modello di medicina che predomina in Occidente (e spesso la pratica che ne deriva) si alimenta di una visione dualista dell’essere umano, quella del corpo-macchina separato dalla mente. Ma gli uomini non sono macchine. L’influsso di questo mondo dei significati sulla biologia umana è un fenomeno da considerare con attenzione nella cura del malato. Nell’opinione comune l’efficacia della terapia è attribuita a fattori specifici come i farmaci o gli interventi chirurgici. Ma molte cose accadono in medicina che non hanno quest’unica spiegazione; ad esempio, l’effetto placebo. Nell’antichità i farmaci in uso erano pressoché tutti dei placebo, cioè sostanze o insiemi di sostanze prive di qualsiasi autentica efficacia, che venivano assunte dai malati sulla base della fiducia nel sacerdote, che spesso era anche medico, o nello sciamano, talvolta con risultati eccellenti.
In tempi recenti i placebo hanno assunto sempre maggiore importanza, spesso per una sfiducia nei risultati della medicina “ufficiale”, e con il diffondersi delle cure omeopatiche, scatenando polemiche tra fautori e detrattori. Decidere di recarsi dal medico, essere visitati, rassicurati, ottenere una prescrizione, seguire le indicazioni ricevute, eccetera, tranquillizza il malato, ne riduce l’ansia e lo stress, e ne rafforza di conseguenza le capacità di auto guarigione. L’effetto placebo è sorprendente. Una pastiglia finta può ridurre i dolori cronici, l’asma, l’ipertensione, angina pectoris. Se si somministra a dei soggetti una bevanda analcolica, dicendo che invece contiene alcool, molti si sentiranno leggermente ebbri.
Anche certe piccole operazioni chirurgiche comuni negli anni ’50, come la legatura di alcune arterie nella cura dell’angina pectoris si sono dimostrate inutili quando confrontate con una specie di placebo chirurgico: un’incisione superficiale. È dimostrato che qualunque terapia medica 8ed anche, come si è visto, chirurgica), comprese quelle complementari alternative, se attuata in un clima di fiducia reciproca tra paziente e terapeuta, anche grazie all’effetto placebo, può apportare benefici al paziente stesso. Tuttavia, poiché la consapevolezza dell’effetto placebo da parte del paziente determinerebbe un annullamento dell’effetto stesso, non è possibile alcuna terapia “alternativa” che dichiari espressamente di utilizzare il placebo come proprio metodo di cura.
Molti ricercatori non amano sentirsi ricordare che ogni farmaco, anche il più efficace, può agire almeno in parte grazie all’effetto placebo, ma è un fatto che la seduta del dentista o le medicazioni in ambulatorio sono più dolorose se mentre aspettiamo in sala di attesa sentiamo che qualcuno urla o si lamenta. Un dato di cui medici e personale sanitario dovrebbero tenere conto. Oggi la medicina tende a concentrarsi sulle cause molecolari e biochimiche della malattia, guarda meno all’aspetto umano e psicologico. Ma stiamo cominciando a capire che la psiche gioca un ruolo importante sulla genesi e la percezione di ogni patologia.
Secondo Ellen Langer, docente di psicologia ad Harvard e un’autorità degli studi sulla mente e la consapevolezza, il placebo è “un meccanismo che, convincendoci che staremo meglio, attiva le potenzialità del nostro organismo”. Gli studi sul dolore aiutano a capire come questo possa accadere.”L’analgesia da placebo mostra come aspettative o credenze possono influenzare la percezione del dolore”, spiega Porro:”Abbiamo visto chiaramente che l’assunzione del placebo riduce l’attività di aree cerebrali che rispondono agli stimoli dolorosi, in modo coerente con la riduzione di dolore riportata dal soggetto”.
È la prima volta che da uno studio emerge così chiaramente il parallelo tra riduzione del processo sensoriale che genera i segnali alla base del dolore (effetto del placebo), e riduzione dell’intensità percepita del dolore stesso”. Altri studi mostrano che il niente che cura funziona anche attraverso l’apprendimento sociale, grazie a un meccanismo neuronale che i ricercatori definiscono “specchio”: se vediamo qualcuno che trae beneficio da una terapia, quando ci viene somministrato qualcosa di apparentemente identico ci sentiamo meglio, anche se si tratta di un placebo. Un’ampia rassegna pubblicata su “Lancet da un gruppo di ricercatori, tra cui Damien Finniss dell’Università di Sidney e il neurofisiologo italiano Fabrizio Benedetti, suggeriscono che il “niente” può davvero curare.
Il meccanismo alla base dell’effetto placebo è “psicosomatico” nel senso che il sistema nervoso, in risposta al significato pieno di attese dato alla terapia placebica prescrittagli, induce modificazioni neurovegetative e produce una serie numerosa di endorfine, ormoni, mediatori, capaci di modificare la sua percezione del dolore, i suoi equilibri ormonali, la sua risposta cardiovascolare e la sua reazione immunitaria. In una certa misura possono confondersi con l’effetto placebo anche la guarigione spontanea di un sintomo o di una malattia, così come pure il fenomeno della regressione verso la media.
In altre parole il paziente si rivolge al medico “quando proprio non ne può più” e poi i suoi disturbi rientrerebbero comunque nella media. Questo ritorno ai livelli normali del disturbo può essere scambiato per effetto placebo. Va ricordato che l’impatto vero del placebo emerge quando si esce dal mondo dei laboratori e delle sperimentazioni. Le interazioni psico-sociali sono fondamentali per l’evoluzione della modulazione cognitiva del dolore, e quindi per l’esito clinico. Non possiamo pensare che un distributore automatico di farmaci funzioni come un medico attento e premuroso in camice bianco.
A confermarlo, una serie di studi che mostrano come una terapia antidolorifica somministrata all’insaputa del paziente risulti molto meno efficace della stessa terapia, ma assunta con il supporto e la presenza attenta del personale sanitario. Non solo: durante alcune sperimentazioni è stato detto ai pazienti che la sostanza che assumevano avrebbe potuto essere indifferentemente un placebo o un farmaco, e si è visto che questa informazione ha condizionato la risposta alla terapia. Sappiamo che più il paziente riceve spiegazioni convincenti, più la terapia è efficace. Anche quando si tratta di un vero farmaco. L’effetto placebo non è circoscritto solo ad alcune patologie ma si può manifestare nel corso di terapie sia di malattie mentali che di psicosomatiche e somatiche, potendo coinvolgere quindi ogni sistema o organo del paziente.
Per rispondere sia a grande successo del Power Bilance (su cui l’Antitrust ha appena aperto un’indagine) che per dimostrare l’importanza della mente nella percezione del benessere, Gilberto Di Benedetto, fisioterapista e psicologo che ha messo a punto un nuovo “baccelletto” denominato Power Keys (Pk), ha dichiarato che lo stesso “non sarà in vendita, ma sarà dato in omaggio come gadget per promuovere corsi di un centro studi tecniche ipnotiche”, per dimostrare come l’effetto placebo possa influire positivamente equilibrio, mobilità e forza, solo basandosi sull’effetto placebo.
Questo braccialetto, assicura l’esperto in una nota, è un “amplificatore naturale di energia che sintonizza il corpo e lo prepara a grandi prestazioni. Aumento di resistenza, equilibrio, forza, flessibilità sono solo alcuni dei vantaggi descritti dalle persone che usano la tecnologia naturale Pk. Molti dei volontari che hanno partecipato alla sperimentazione del braccialetto hanno riportano con grande soddisfazione che li aiuta a recuperare più velocemente, a ridurre stress, a migliorare la concentrazione e a sentirsi tonici ed elastici. I medici che hanno testato Pk, hanno riscontrato che amplifica istantaneamente gli stati di energia positiva del nostro corpo diminuendo lo spreco di energia causato da diversi fattori.
Insomma, a differenza del più noto braccialetto americano, il Pk usa in maniera del tutto lecita i meccanismi del placebo, regolarmente studiati in medicina. Ma il placebo ha anche i suoi risvolti negativi. Chi prende un placebo spesso accuserà anche effetti collaterali spiacevoli (nausea, capogiri, eczemi, ecc.). Si parla di effetto “nocebo”, e addirittura di un “effetto stregone”. Credendosi colpiti da una maledizione , o più banalmente dal “malocchio” o da una “fattura”, ci si sentirà davvero male, fino a conseguenze tragiche, anche perché si adotterà una serie di comportamenti dettati dall’ansia e dalla paura.
Letture consigliate
Bassi R.: L’effetto placebo, Ed. Libreria Cafoscarina, Venezia, 2010.
Benedetti F.. Placebo effects, Ed. Oxford University Press, Oxford, 2008.
Benedetti F.: Realtà incantata. L’effetto placebo nella vita di tutti i giorni, Ed. Zelig, Milano, 2000.
Brody H.: Per una filosofia della guarigione. Scienza ed etica dell’effetto placebo, Ed. Franco Angeli, Milano, 1998.
Di Stanislao C.: Argomenti di medicina. Il dialogo e il confronto fra culture e modelli, Ed. Fondazione Silone, Roma-L’Aquila, 2007.
Dobrilla G.: Solo scienza e coscienza? Caso, intuizioni, ambizioni, ingenuità, evidenze e pericoli in medicina e chirurgia, Ed. il Pensiero Scientifico, Roma, 2006.
Dobrilla G.: Placebo e dintorni. Breve viaggio tra realtà e illusione, ed. il Pensiero Scientifico, Roma, 2004.
Lemoine M.: l’effetto placebo, Ed. Red, Como, 1999.
Lombardi Ricci M., Leone S. (a cura di): La fiducia che guarisce. L’uso del placebo tra scienza ed etica, Ed. Istituto Siciliano di Bioetica, Palermo, 2006.
Moerman D.E.: Placebo. Medicina, biologia, significato, Ed. Vita e Pensiero, Roma, 2004.