Oscurantismo anti-agopunturale
Di Carlo Di Stanislao
“È necessario l’impegno di una classe medica più sensibile agli aspetti umani, che non si deve preoccupare solo del corpo, ma anche della mente.
La mente è il luogo dove la medicina viene percepita“
Umberto Veronesi
Nonostante le prove milleniarie, i riconoscimenti, a seguito di ampie revisioni, da parter del National Institute of Health e dell’OMS, nonostante una ricerca condotta sui topi, pubblicata su Nature Neuroscienze nel 2010 che ne ha spiegato in dettaglio i meccanismi molecolari, l’agopuntura continua ed essere sotto attacco da parte di alcuni difensori ad oltranza della scienza intesa come unicamente farmacologica e definta del tutto priva di effetti al di fuori del placebo, riportando, partigianamente, il già molto scredito lavoro di Edzard Ernst, che pure aveva espresso idee molto diverse quattro anni prima nel libro “Acupunture: a scietific approach” o quello del neurologo Steve Novella e del farmacologo David Colquhoun, che l’hanno definta “placebo scenico” e prendendo in giro l’Unesco che, tre anni fa, l’ha definita patrimonio dell’umanità, sottolineandone l’utilità anche per l’uomo moderno e la sua patologia.
L’articolo contro l’agopuntura o meglio che definisce la stessa pratica “placebogena”, afferma che la vera efficacia della forma è per chi la pratica, cioè per gli agopuntori, medici e non, che sono alla ricerca della sua rimborsabilità, affermando che ora che incombe negli USA la riforma Obama, non vogliono lasciarsi sfuggire il lucroso treno. Naturalmente nessun riferimento, fra gli altri, all’esperimento del 2006 condotto da un gruppo di ricercatori del CNR in collaborazione con il San Raffaele di Milano che ha messo in evidenza, mediante risonanza magnetica funzionale, gli effetti dell’agopuntura sul cervello o l’analisi, stringata ma efficace, del prof. Francesco Bottacioli, con riferimenti a svariate indagini di imaging cerebrale (fRM, Risonanza Magnetica funzionale, PET, Tomografia a Emissione di Positroni) a cui si è affiancata la biologia molecolare, pubblicata su Progress in Neurobiology, in cui si dimostra che la strada che segue lo stimolo indotto dall’ago per giungere dal midollo spinale al cervello e qui indurre un meccanismo, in discesa, di regolazione del network umano.
Tra le condizioni più studiate quella del dolore e dei meccanismi antidolorifici messi in moto dall’agopuntura. Dalle visualizzazioni del cervello di un essere umano trattato con agopuntura, che ha una patologia dolorosa oppure che viene consensualmente sottoposto a uno stimolo doloroso, emerge che l’infissione dell’ago attiva alcune aree cerebrali e ne disattiva altre. Attiva la cosiddetta “via discendente” di controllo del dolore, che dal Rafe Magnus (un’area del tronco dell’encefalo dove sono collocati i neuroni che producono serotonina) giunge al midollo spinale e cioè al luogo da cui è stato trasmesso il dolore. Disattiva le aree del cervello emotivo coinvolte nella elaborazione del dolore (insula, corteccia cingolata anteriore, amigdala). Il risultato netto è un miglior controllo del dolore. Ma la serotonina non è l’unica molecola coinvolta. Sono decenni che si ha una precisa documentazione della capacità dell’agopuntura di indurre il rilascio di oppioidi (beta-endorfine, encefalite, dinorfine), a cui, recentemente si sono aggiunte altre molecole neuroattive, come la noradrenalina, la somatostatina, le neurotensine.Accanto a ormoni e neurotrasmettitori anche le molecole del sistema immunitario risultano coinvolte. Un lavoro giapponese ha dimostrato che l’uso di alcuni famosissimi agopunti (Stomaco-36, Vescica-18, 20 e 23) stimola il rilascio di alcune citochine chiave come l’interferone-gamma e l’interleuchina-4 determinando un’attivazione equilibrata del sistema immunitario. Insomma, è tutto il network umano che viene coinvolto dall’antica scienza medica cinese. Psiche compresa.
Al riguardo i sostenitori dell’effetto placebo possono darsi pace. Fin dal 2005 è documentato quello che ogni persona ragionevole sa: che l’agopuntura, come ogni procedura medica ben fatta, è capace di attivare le risorse cerebrali del paziente, di provocare quello che si chiama effetto placebo. Ma accanto al placebo c’è anche un effetto specifico dell’agopuntura documentato dalle immagini. Probabilmente, nel trattamento di agopuntura c’è più effetto placebo che nel trattamento medico standard. Ma questo è un valore aggiunto, non un elemento negativo, che dipende dalla relazione più accurata e accogliente che il medico agopuntore, di solito, ha con i pazienti. Ogni terapeuta, infatti, può essere placebo o nocebo, un aiuto o un danno per il suo paziente, indipendentemente dalla metodica che usa.
Un’ampia nostra revisione è stata pubblicata nel 2008, ma non se ne tiene conto, dal momento che, ad ondate subentranti, si torna a parlare di agopuntura comer di un raggiro lucroso, come già accadde, ad esempio, trenta anni fa, quando un rinomato editorialista della celebre rivista Lancet commentò l’inizio dell’interesse occidentale verso l’agopuntura con un editoriale sprezzante dal titolo “l’agopuntura e l’era dell’irrazionalità”. È ancora possibile sentire e leggere qualche commento di tale tono, sempre più rari, per la verità, anche perché oggi, a differenza di ieri, vengono usati strumenti di verifica che consentono di far luce sull’apparente irrazionalità della pratica di infiggere sottilissimi aghi in precisi punti del corpo per curare malattie e promuovere la salute.
Vale anche la pena di riocordare che nell’agosto scorso in un articolo sulla “trasperanza” dei dati inerenti le ricerche pubblicate su riviste scientifiche, si avvertiva la necessità di chiarire che i dati della ricerca vengono spesso manipolati per finalità poco nobili con il rischio di danneggiare i pazienti. Di conseguenza, la comunità scientifica deve impegnarsi a introdurre cambiamenti per garantire che i lettori accedano a informazioni attendibili su tutti gli studi condotti, in particolare sui trial controllati randomizzati – randomized controlled trials (RCTs) – che hanno un ruolo fondamentale per valutare l’efficacia degli interventi sanitari. Infatti, la mancata pubblicazione dei risultati di tutti gli studi, in particolare dei RCTs, distorce in maniera rilevante le evidenze scientifiche su cui basare le decisioni cliniche. Ad esempio, una revisione sistematica sull’efficacia della reboxetina nel trattamento della depressione ha rilevato che circa tre quarti dei pazienti inclusi erano stati arruolati in trial mai pubblicati. Inoltre, il 20% di 904 trial che hanno valutato l’efficacia di trattamenti nello stroke ischemico acuto – pubblicati tra il 1955 e il 2008 – non è stato adeguatamente pubblicato; peraltro, alcuni studi “avevano dimensioni tali da influenzare le conclusioni delle revisioni sistematiche e la pratica clinica”.
Sia il Journal of American Medical Association [JAMA] che la Cochrane Collaboration sono concordi sul fatto che l’EBM è ormai una vera e propria strategia di marketing, e quel poco che ha a che fare con la Medicina ha ben poco a che vedere con ”scientificità”. Gli studi sono sistematicamente nascosti quando non forniscono i risultati desiderati, e ciò che è riportato tende ad essere selettivo. Il risultato è che i pazienti sono regolarmente trattati in base a ciò che Big Pharma vuole vendere. JAMA afferma che: “Ogni giorno, i pazienti ed i loro medici prendono decisioni in merito ai trattamenti con l’accesso a solo una frazione di dati pertinenti provenienti dalla ricerca clinica”. Invece la Cochrane Collaboration scrive: “La segnalazione selettiva dei risultati della sperimentazione si verifica frequentemente, portando all’eccesso gli effetti benefici degli interventi di assistenza sanitaria mentre le stime dei loro danni sono arrotondate per difetto. Come conseguenza, molti pazienti vengono inconsapevolmente trattati con interventi che hanno poco o nessun effetto, e possono essere danneggiati inutilmente. Questo non è etico ed è stato più volte denunciato come violazione del contratto implicito tra ricercatori sanitari e pazienti, in cui lo scopo della ricerca è quello di migliorare il trattamento di pazienti futuri”.
Allora, a coloro che infangano e screditano agopuntura ed altre CAM, ricordiamo che c’è bisogno, oggi come ieri, di una completa trasparenza e che oggi Medicina viene praticata utilizzando farmaci che sono arrivati sul mercato nel corso di diversi decenni, con il sostegno di prove raccolte fin dagli anni Settanta, se non prima, mentre sappiamo che questa intera base di dati è stata sistematicamente distorta dall’industria farmaceutica, che ha nascosto in modo deliberato e selettivo i risultati che le erano sgraditi, pubblicando invece quelli con risultati positivi.
Pertanto, quanto alla divulgazione delle prove, dobbiamo assicurarci che avvenga con la massima precisione, in modo che medici, pazienti/clienti e commissari dei servizi sanitari abbiano facile accesso a sintesi non alterate dell’informazione, poiché è ormai chiaro che l’industria farmaceutica nel comunicare i dati fa opera di distorsione e che ciò avviene tramite la pubblicità, i rappresentati farmaceutici, gli scrittori ombra, l’occultamento dei dati, la corruzione delle persone, ed anche attraverso la gestione di programmi di aggiornamento per i Medici [ECM].
Qualcosa di molto più sospetto e lucroso del tentativo di far riconoscere l’agopuntura o le altre CAM più accreditate (omeopatia e fitoterapia) dai sistemi sanitari nazionali.
Hanno scritto in una loro omaggio al libro, alla cultura e alla memoria, il semiologo Umberto Eco e lo sceneggiatore Jean-Claude Carriere, che la vera conoscenza non aprioristica del reale, che tenga conto della memoria, è l’unico antidoto a questi tempi di oscurantismo galoppante e al disincanto, per giungere a quella che Nitzche chiamava: “la gaia scienza”, basata, principalmente, sul concetto di permanenza, per cui ciò che dura ha di per sé un valore, che va al di là delle singole prove, le quali, si sa da Popper in poi, possono essere addomesticate o falsificate.
Al riguardo i sostenitori dell’effetto placebo possono darsi pace.