Un museo del cinema a L’Aquila
Di Carlo Di Stanislao
“Il cinema è una malattia, quando entra nel sangue prende il sopravvento. È come avere Jago nel cervello e, come per l’eroina, l’unico antidoto a un film è un altro film”
Frank Capra
“Il cinema è la vita con le parti noiose tagliate”
Alfred Hitchcock
“I film trattano di emozioni e rispecchiano la frammentarietà dell’esperienza. Quindi è fuorviante cercare di sintetizzare a parole il significato di un film”
Stanley Kubrick
In quanti modi un film può affascinarci e sollecitare le nostre reazioni più istintive? E in quali termini le tecnologie influiscono sul nostro rapporto emozionale con ciò che vediamo sullo schermo? Come e con quali mezzi, nel corso dei decenni, cineasti e artisti hanno lavorato per rappresentare i sentimenti sotto forma di immagini e suoni? E, soprattutto: di che cosa parliamo quando parliamo di emozioni al cinema? Sono, queste, soltanto alcune delle domande poste nei vari saggi contenuti nello splendido volume curato da Giorgio De Vincenti, ed Enrico Carocci, intitolato “Il Cinema e le emozioni Estetica, espressione, esperienza”, edito due anni fa dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, sulla pluralità dei punti di vista e delle proposte di indagine sul potere delle immagini e sul complesso fenomeno del coinvolgimento emotivo.
Quello che ne deriva è un panorama ricco e articolato sul passato e sul futuro delle immagini (cinema, televisione, fotografia, arti visive) in un universo che sempre più si fonda sulla loro capacità di comunicare per affetti e di parlare alle nostre menti così come ai nostri corpi. La relazione emozione-cinema, è alla base anche di un’altra operazione, più vicina a noi nello spazio e nel tempo: l’apertura, il 30 luglio prossimo, di un Museo intitolato a Maria Pia Casilio, curato e realizzato con materiale donato dalla famiglia di Marco Reato, sostenuto dalla Direzione Nazionale Cinema, situato al primo piano della Biblioteca Provinciale Salvatore Tomassi, come parte integrante della stessa.
Nel museo immagini e inserti che compongono un caleidoscpico panorama volutamente non cronologico, sulla psicologia emotiva del cinema, ovvero sugli elementi, dentro e fuori dalla scena, su cui si fondono tutti quei meccanismi di immedesimazione che il cinema, soprattutto nelle sue forme più classiche e narrative, è in grado di attivare. D’altro canto, già da Aristotele sappiamo che solo il racconto verosimile (sebbene non veritiero) delle azioni di grandi uomini è in grado di provocare in chi assiste alla tragedia una risposta emotiva che chiamiamo catarsi. E nello spazio museale inserito nella “archiviazione” bibliotecaria del sapere, i curatori si sono adoperati nell’allestire spazi per far comprendere cosa succede quando guardiamo un’immagine, cosa accade, nello specifico, quando riconosciamo in quanto artistica l’immagine che abbiamo di fronte.
Questioni che riguardano la presa emotiva di un’opera d’arte su colui che ne fruisce, e che sono alla base dell’allestimento museale, pensato e costruito a partire dalle teorie classiche dell’empatia (Vischer, Lipps, Worringer e Wölfflin), secondo le caratteristiche proprie del cinema (che è una vera e propria macchina delle emozioni, capace anzitutto di far ridere, piangere, stimolare risposte di tipo motorio, prima ancora che indurre alla riflessione e all’esercizio razionale del pensiero. Si spiega dunque così, tenendo ferma cioè la rilevanza di quelle specificità che sono state in grado di distinguere il cinema da tutte le forme artistiche che l’hanno preceduto, l’enorme quantità di contributi teorici che hanno mirato a definire l’esperienza compiuta dallo spettatore cinematografico come un’esperienza del tutto peculiare e riconoscibile.
Si tratta evidentemente di problemi che gli studi di filmologia hanno largamente esaminato: dalle riflessione dei primi filmologi francesi (Souriau, Michotte, Wallon), fino alle considerazioni circa le implicazioni empatiche, emozionali e affettive che caratterizzano la percezione del film, di cui Morin parla nel suo Il cinema o l’uomo immaginario; ma che non erano mai stati eslicitati in una raccolta stabile e formativa di tipo museale. In definitiva, l’ispirazione centrale, secondo un portato storico appartenente alla Lantrna Magica da sempre ma intensificato negli ultimi anni, attraverso eventi come “Cinema e Psichiatria”, “CineMedicine, tre edizioni di “Frammenti di Donna”, e vari di educazione all’immagine condotta nelle scuole ed in altri contesti di aggregazione sociale, secondo una direzione che ha nella “proiezione”, declinata in vari modi e secondo i vari sguardi e temperamenti, il suo dispositivo di linguaggio “espulsivo”, capace di indurre un lavoro continuo di elaborazione e pensiero.
Dunque il 30 luglio, nella sede della Biblioteca Provinciale in Via Niccolò Copernico, in località Bazzano, alla presenza dei più alti rappresentanti della Direzione Generale Cinema, del Comune, della Provincia, della Regione e della Sovrintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici per l’Abruzzo, Istituto periferico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, sarà inaugurato un museo delle “emozioni al cinema”, punto di arrivo di un lungo itinerario che ha portato la Lanterna Magica a confermarsi come una delle realtà italiane più attive in termini di archiviazione, conservazione, tutela e diffusione del cinema come meta-arte culturale in ambito sia territoriale che nazionale e che la vede ora in un rapporto stretto di collaborazione sinergica con la “Tomassiana”, fulcro della cultura aquilana che tutela il passato come ponte verso il futuro, in tutti i suoi diversi aspetti e contenuti.
Nel museo ci si sentirà catapultati in una dimensione fatta di immagini, di illusioni, di scatole per raccontare, come facevano i taumatropi, le anamorfosi, il fenachistoscopio, storie che prendono vita e forma differente nelle coscienze singole e collettive e che danno vita a figure dubbiose, esitanti, quasi filosofiche, che osservano con perplessità insieme ironica e sofferta una realtà di cui si cerca di rintracciare il senso, con sguardi senza fretta, che si posano sul mondo con ostinata insistenza, capace di restituire alle cose la densità perduta.