Il dolore nella pratica dermatologica
Autori: C. Di Stanislao, R. Brotzu, G. Franceschini, T. D’Onofrio.
“Se potessimo immaginarci sospesi sopra un abisso senza spazio e senza tempo, udremmo giungere fino a noi dal fondo dell’abisso, come un’ondata, il lamento terribile e risonante del genere umano colpito dalla maledizione del dolore”
Detigus
“Il dolore è la perfetta infelicità, il peggiore di tutti i mali. Il dolore eccessivo va al di là di ogni possibile sopportazione.”
Jhon Milton, “Paradiso perduto“.
Riassunto: Nella prima parte l’articolo esamina i meccanismi neurofisiologici della percezione dolorosa e le differenze e similitudini fra dolore e prurito. Nella seconda si analizzano i meccanismi energetici del dolore dermatologico e si studiano i diversi trattamenti agopunturistici.
PREMESSA
L’argomento prescelto potrebbe sembrare un esercizio intellettuale da specialisti. In realtà molte sono le occasione algologiche che capitano nella pratica dermatologica e cercare di riassumerle per sommi capi ci è sembrato interessante. Va inoltre detto che (dati alla mano) il 35-40% dei consulti al medico di base riguardano le dermopatie e che, sebbene il sintomo più frequente sia il prurito, molte sono quelle associate a dolore (neurologico, vascolare, psicogeno, misto, ecc.). Per ultimo non va dimenticato che, come sosteneva Aristotele, ognuno eccelle in ciò che abitualmente fa e parlare di algie dermatologiche è un modo per mostrare ciò che abitualmente facciamo.
Naturalmente presenteremo le nostre ipotesi teoretiche e le nostre esperienze in corso di artropatia psoriasica, nevralgia erpetica e post-erpetica, ulcere arteriopatiche, piede diabetico, sclerodermia, notalgia parestesica, ben consci che nessuno è in grado di dire sconfitto il “retaggio di sofferenza” che si lega alla vita di ogni uomo. L’algolo Erminio Corneo ha recentemente scritto che l’uomo sarà sempre schiavo e vittima del dolore “a meno che non si verifichi uno di quei miracoli in cui la fantascienza, più della scienza, ci ha abituato a sperare”.
Nel caso della nostra esperienza in agopuntura (a questo punto sul dolore in genere: reumatologico, neurologico, oncologico, ortopedico, post-traumatico), siamo persuasi che essa non possieda solo un’azione antalgica o analgesica riflessa (neurochimica, si ritiene comunemente), ma sia in grado (attraverso meccanismi sempre meno misteriosi e sempre più scientificamente “psiconeuroimmunoendocrini”) di aumentare le “capacità di sopportazione” riducendo il carico psicologico collegato all’esperienza del dolore.
Siamo del tutto in accordo con quei grandi neurofisiologi moderni (primo fra tutti Eccels) che affermano: capito come funziona il cervello va capito, ora, che in esso, o solo in esso, non è la sede delle emozioni o del pensiero. La scienza occidentale sarà sempre meno nemica delle “osservazioni deduttive” orientali e, credo presto, ci fornirà i tasselli mancanti di un mosaico tanto complesso nei particolari, quanto semplice ed armonioso nell’insieme (come i grandi dipinti di Veermer, di Paolo Uccello, di Piero Della Francesca).
Un merito storico è già stato riconosciuto, di fatto, alla medicina estremo-orientale (ma dovremmo dire medicine, chè il merito va suddiviso fra la cinese, la tibetana e l’indiana, per lo meno): quello di avere effettuato una ricerca delle cause “umane” del dolore. Quando in occidente il dolore si considerava frutto della fatalità, di una punizione o di una maledizione, in oriente il cammino della scienza già conduceva, razionalmente, a trovare i motivi insiti nell’uomo, i motivi funzionali o disfunzionali e non magici o castigatori (nel cap. 1 del Sowen si trova scritto “… non curerai chi crede ai demoni…”).
È senz’altro ancora presto per poter dire una parola definitiva sull’insieme delle “terapie riflesse” nel campo algologico, ma riteniamo che sia evidente che dal confronto fra passato e presente (l’affermazione è di Popper, citata a memoria) nascano più facilmente le speranze per il futuro.
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