Castrotrofe sarda e fragilità nazionale
di Carlo Di Stanislao
La Sardegna seppellisce i suoi morti e contempla il disastro prodotto dal ciclone Cleopatra che ha generato un evento eccezionale, con una piena che è stata definita millenaria e che ha causato 16 morti e danni catastrofici in una Regione già depressa sotto il profilo economico. Il governatore Cappellacci cerca di stemperare le polemiche e dichiara che l’allarme era stato diramato e non si poteva fare di più di fronte ad un volume d’acqua che ha fatto cadere, in 24 ore, la stessa quantità che di solito si registra in sei mesi, ma ha anche aggiunto che esiste “un problema educativo e culturale” e che tutti “dovremmo perendere maggiormente sul serio questi accadimenti” per fare di più a tutela del territorio. Quanto poi ai 20 milioni stanziati dal governo (che pure sono i 2/3 della cifra prevista per le emergenze), ha detto che tale somma servirà appenna per affacciarsi fuori dai primi momenti di crisi, mentre il sindaco di Olbia Gianni Giovannelli ha comunicato alla popolazione che non esiste alcun ordine di evacuazione o di sgombero di case, ma che le scuole resteranno chiuse fino a venerdì.
Mentre si contano i danni e si cercano i dispersi, il premier Gianni Letta è giunto sull’isola per una visita lampo prima di affrontare il “caso Cancellieri” ed ha auspicato che aiuti cospicui possano venire dalla Unione Europea. Naturalmente non mancano, come non mancano mai in questi casi, le polemiche con rimpallo di responsabilità e Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, intervistato dal Gr1, che ribadisce: “la Protezione civile ha diffuso l’allerta meteo 12 ore prima delle precipitazioni e lo ha trasmesso alle prefetture e alla Regione, che a sua volta deve allertare i Comuni” ed ha aggiunto che “alcune regioni non si sono ancora dotate di un piano di pianificazione degli interventi” rendendo vano ed inneficace ogni possibile piano. Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi, ha dichiarato che più di sei milioni di italiani sono oggi a rischio alluvione a causa della fragilità del territorio martoriato da anni di speculazione edilizia.
Da noi, negli ultimi 50 anni, si sono consumati 7 mq al secondo di suolo ed oggi si è giunti addirittura ad 8. Questo significa che ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una pari alla somma di quelle dei comuni di Milano e di Firenze. Per non parlare degli incendi, il 72% dei quali risulta essere di natura dolosa, il 14% di natura colposa e il restante 14% di natura dubbia. Il problema quindi è di interventi territoriali già prebistio dalla disattesa “commiassione De Marchi” e richiesti da anni dai geologi, e non solo dei cambiamenti limatici che pure sono evidenti ed importanti, tanti che l’Agenzia europea sostiene che sia probabile che l’aumento delle temperature in Europa porterà a inondazioni più frequenti e intense in molte regioni, a causa del previsto aumento dell’intensità e della frequenza di eventi meteorologici estremi. Dal pantano sardo oggi si levano grida di dolore; ma quando la terra avrà riassorbito le acque e le lacrime per i morti, si dovrà fare un bilancio e programma qualcosa che eviti davvero simili tragedie in futuro.
Nel periodo 1900-2002, scrive il geologo Claudio Margottini nel volume in uscita su “L’Italia dei disastri”, curato da Emanuela Guidoboni e Gianluca Valensise, “si sono verificati 4.016 eventi con gravi danni e ci sono state 5.202 vittime per frane e 2.640 per alluvioni”. Cioè 39 frane e inondazioni gravi con 77 morti l’anno. Ai quali bisogna aggiungere i disastri successivi a Ischia, Giampilieri, Borca di Cadore, Vicenza e Genova. Alla fragilità naturale del territorio, già esposto come pochi altri ai terremoti, si son sommati errori e orrori. I disboscamenti selvaggi, quartieri costruiti negli alvei, oblio infastidito sui disastri del passato, i rinvii di spese indispensabili (aspettiamo la carta geologica in scala 1:50.000 dal lontano 1988), taglio progressivo dei fondi per il rischio idrogeologico: da 551 a 84 milioni tra il 2009 e il 2012. Solo 20 quest’anno. Un quarto dei soldi buttati per convertire l’ospedale militare alla Maddalena in un hotel mai aperto per il G8 mai fatto.