AUSL 04 L’Aquila
Divisione Dermatologica-Centro Allergologico
Primario Dott. G. Bologna

Considerazioni in tema di reazioni avverse agli alimenti.
Test convenzionali ed alternativi.

Alfredo Nibid, Carlo Di Stanislao, Giovanni Bologna.

 

" Nel corso di molti anni,
con grande fatica,
attraverso molti paesi,
ho visto montagne,
ho visto oceani. "

R. Tagore

Riassunto: l’articolo si suddivide in due parti. Nella prima si analizzano i dati scientifici sulle reazioni avverse alimentari ed i test comunemente impiegati in medicina. Nella seconda parte si considerano le teorie dell’ecologia clinica sulle intolleranze ed i test non convenzionali più largamente impiegati. Si conclude con alcuni dati sull’attività del nostro centro sull’impiego di un test Vega modificato (Sarm-Test)

Parole chiave: alimenti, additivi, reazioni avverse, allergia, intolleranza, Vegatest, Sarm-Test


F. De Pisis - L'Ora fatale, 1919Sempre più frequentemente l’allergologo è chiamato ad indagare su quadri clinici che il medico curante o il paziente stesso riferiscono come di probabile natura allergica su base alimentare. In realtà, sebbene in aumento, solo il 5 % delle reazioni avverse agli alimenti possono essere definite di natura allergica. Le reazioni allergiche propriamente dette sono frequenti solo nella prima infanzia con una tendenza al miglioramento ed alla risoluzione spontanea nel giro di pochi anni.
Oltre i 10 anni l’allergia alimentare è sicuramente meno frequente (circa l’1% della popolazione generale ed il 5% circa delle reazioni allergiche totali).
Mentre nel bambino gli allergeni alimentari di più comune riscontro sono il latte, l’uovo, alcuni frutti (specie quelli con guscio) ed il pesce, nell’adulto sono spesso in causa gli alimenti di origine vegetale, generalmente in soggetti con allergie stagionali a pollini, per la possibilità di reazioni crociate tra pollini, frutta e vegetali.
Oltre alle reazioni immunologiche propriamente dette, gli alimenti sono più spesso in causa come responsabili di reazioni tossiche, pseudoallergiche o di intolleranza. Le reazioni tossiche possono essere causate da contaminanti microbici o ambientali, tossine, pesticidi, sostanze chimiche impiegate nel settore agricolo, contaminanti "accidentali" (ad es. diossina).
Le reazioni da intolleranza, invece, sono caratterizzate da un deficit enzimatico qualitativo o quantitativo (lattasi, saccarasi-isomaltasi, fenilchetonuria, sindrome di Hartnup, ecc.)

Principali allergeni alimentari (1-4)

Non si può escludere che un qualsiasi alimento possa essere in grado di dare una sensibilizzazione di tipo allergico. Gli alimenti che più frequentemente sono in grado di comportarsi come allergeni alimentari sono

Più raramente:

Gli additivi alimentari, in genere possono essere responsabili di reazioni pseudoallergiche, anche se per alcuni di loro (gomme vegetali, rosso carminio, vanillina ed antiossidanti), è stato dimostrato un meccanismo IgE mediato. Le sensibilizzazioni tendono a cambiare tra varie popolazioni in base alle abitudini alimentari. Negli ultimi anni le manipolazioni alimentari inerenti alla conservazione o la preparazione dei cibi potrebbero aver determinato la comparsa di nuovi allergeni. I conservanti più spesso in causa sono: solfiti (presenti negli spumanti, nel vino bianco e nei crostacei), la tartrazina ed il glutammato monosodico (impiegato soprattutto dalla cucina cinese).
Anche la cottura influisce sull’allergenicità dell’alimento: in generale gli allergeni d’origine animale sono più stabili e mantengono più a lungo la loro attività, mentre gli allergeni vegetali vengono più facilmente degradati dalla cottura o da altre manipolazioni.
Variazioni nella sensibilizzazione ad alimenti si possono riscontrare anche in base all’età: come già accennato, i neonati allergici al latte o all’uovo con il tempo possono perdere questa sensibilizzazione. L’integrità della barriera mucosa gastroenterica, la digestione normale, l’acidità gastrica e la peristalsi giocano dei ruoli importanti nella riduzione del carico d’antigeni intatti in grado di attraversare la barriera stessa. Le IgA secretorie impediscono la penetrazione di materiale estraneo (antigeni alimentari e microbici, agenti infettivi). Il sistema di produzione delle IgA nei lattanti non raggiunge la piena maturazione prima dei due mesi di vita. Pertanto nei primi mesi prevale la produzione d’IgM. Un difetto di regolazione della produzione d’IgE, invece, come avviene ad es. negli atopici, è alla base dell’eccessiva produzione d’IgE nei confronti degli antigeni alimentari da parte d’alcuni soggetti.
Le reazioni avverse agli alimenti possono essere IgE mediate (di tipo I) o non IgE mediate (di tipo I da IgG4, di tipo III o da immunocomplessi, o di tipo IV o cellulo mediate come nel caso della reazione al glutine del morbo celiaco).
In condizioni normali, nonostante i citati meccanismi di difesa, una certa quota di molecole antigeniche di origine alimentare riescono ad oltrepassare l’epitelio intestinale e raggiungere il sistema portale anche sotto forma di immunocomplessi Antigene-IgA. Nel fegato sono degradate dalle cellule di Kupffer. In certi casi questa tolleranza a bassa zona può essere superata e la molecola antigenica può raggiungere le cellule immunocompetenti mucosali o dei follicoli linfatici e dar luogo a risposte immuni IgE- o non IgE-mediate.

Quando, per l’intervento di fattori diversi (tossine, virus, batteri, alcool, lassativi, alterazioni della fagocitosi, rottura della tolleranza a bassa zona) questi meccanismi protettivi vengono meno, gli allergeni possono dar luogo alle manifestazioni cliniche dell’allergia.

Manifestazioni cliniche dell’allergia alimentare (1-6)

Possono essere IgE, non IgE-mediate, pseudoallergiche.

IgE Mediate

  • Sindrome allergica orale

Gastroenteropatia acuta (diarrea, distensione addominale, sindrome peritoneale o subocclusiva a regressione spontanea in meno di 24 ore)

Sindrome Orticaria Angioedema

Rush Cutaneo

Rinite e/o Asma

Shock

Dermatite Atopica (?)

Gastroenterite Eosinofila (nausea postprandiale, vomito, dolore addominale, steatorrea, perdita di peso nell’adulto o ritardo di crescita nel bambino, atopia, infiltrazione eosinofila della mucosa, tonaca muscolare e sierosa di stomaco e/o piccolo intestino con perdita dei villi)

Non IgE Mediate:

  • Gastroenteropatia Cronica (enteriti, proctiti, malassorbimento)

Manifestazioni cutanee

Vasculite

Sindrome Nefrosica

Idrartro

Sindrome Tensione-Fatica

Cefalea

Emicrania

PIMS (depressione, alvo alternante, emicrania, astenia, malessere)

Enteropatia da glutine (HLA B8, HLA DW3, possibile ruolo scatenante di un adenovirus che contiene una sequenza aminoacidica simile a quella della gliadina, aumento delle IgA e delle IgM mucosali dopo esposizione alla gliadina, depositi di immunocomplessi, sintomi da malassorbimento nel bambino con diarrea intermittente, dolore addominale, irritabilità, steatorrea, possibile evoluzione con edemi periferici da enteropatia proteino disperdente, anemia, diatesi emorragica da deficit di vitamina K e tetania da deficit di calcio e magnesio e deficit di crescita; perdita di peso nell’adulto).

Dermatite Erpetiforme: è verosimilmente una conseguenza dell’enteropatia da glutine [depositi granulari (lineari nel 15% dei casi) d’IgA e di complemento nel derma papillare, lesioni cutanee localizzate a livello delle superfici estensorie]

Enteropatia transitoria al glutine o ad altri alimenti (latte, uova, pesce, pollo, riso, ecc.)

Gastroenterite Eosinofila (da ICC ?, cellulo mediata?)

Reazioni Pseudoallergiche

Si differenziano dalle razioni allergiche per il loro meccanismo d’azione extraimmunologico. Molti alimenti possono dar luogo a reazioni pseudoallergiche perché ricchi di istamina o perché contengono sostanze istamino liberatrici. Alimenti ricchi in istamina sono in ordine di contenuto:

Formaggi fermentati

Fegato di maiale

Sardine

Salmone

Pomodori

Spinaci

Aringhe

Tonno

Acciughe

Insaccati

Bevande fermentate

Alimenti contenenti sostanze istamino liberatrici sono:

Pomodori

Fragole

Crostacei e frutti di mare

Albume d’uovo

Cioccolato

Alcuni tipi di pesce ed alimenti in scatola

Molti altri fattori sono in grado di provocare sindromi pseudoallergiche: additivi [sodio metabisolfito, il giallo di tartrazina (E102), il benzoato di sodio, l’acido 4-idrossibenzoico, la vanillina, l’ASA presente naturalmente in vari alimenti come mirtilli, albicocche, banane, mele, prugne, patate, piselli], sostanze inalate (tabacco, miceti, polveri di legni, fibre di cotone, lino, canapa, polveri minerali), agenti fisici, fattori neuropsichici, foci infettivi o parassitari, veleni.

I meccanismi patogenetici delle Pseudoallergie sono:

  1. Liberazione diretta dei mediatori chimici dai mastociti e dai basofili;

  2. Attivazione della via classica del complemento con liberazione di frazioni complementari in grado di degranulare i mastociti;

  3. Sbilanciamento del sistema cicloossigenasi-lipoossigenasi.

Diagnostica "convenzionale" delle allergie alimentari (1-6)

La diagnosi dell’allergia alimentare è tutt’altro che semplice. Le difficoltà nell’avere a disposizione test affidabili e riproducibili hanno giustificato i vari tentativi di preparare nuove indagini, che spesso non hanno soddisfatto le attese.
Un ruolo fondamentale come sempre è affidato all’anamnesi che deve essere quanto più scrupolosa e dettagliata possibile, anche se talvolta l’intervallo non sempre immediato tra assunzione dell’alimento e comparsa dei sintomi rende difficoltosa la raccolta dei dati.
I test allergologici in vivo con estratti allergenici dell’alimento (Prick Test), o con l’alimento fresco (Prick by Prick) hanno un’attendibilità non sempre accettabile.
Anche il dosaggio sierologico delle IgE (o delle IgG) specifiche risente di un considerevole numero di false positività o di false negatività.
Le diete d’eliminazione e di reintroduzione graduale possono essere di una certa utilità, anche se la loro esecuzione è spesso indaginose.
Il test di provocazione orale con capsule a dosaggio controllato, sebbene non fornisca spiegazioni sul tipo di meccanismo immunologico in causa, è di certo quello più utile. Richiede però l’ospedalizzazione ed un attento monitoraggio del paziente per 24-48 ore.
Il test epicutaneo per le allergie da contatto può essere utile per svelare una sensibilizzazione da contatto che possa giustificare una riacutizzazione per via alimentare di una dermatite da contatto (Nichel, Balsamo del Perù, ecc.)
Altri test diagnostici in vitro (CAST, BAT) o in vivo (scatenamento per via endoscopica) sono meno diffusi o di più difficile interpretazione.
I test per la celiachia esulano da questa trattazione, tuttavia rammentiamo che l’esame emocromocitometrico, quello chimico delle feci, l’endoscopia digestiva con riscontro bioptico, talora l’esame contrastografico baritato e la ricerca d’anticorpi antigliadina (IgG ed IgA) sono diagnostici. Non ben accettato, invece, il risultato del breast-test. Di recente (14) messo a punto un test ematico per dosare gli anticorpi antitrasglutaminasi tessutale (tTG) e formulare, con una sola goccia di sangue dal polpastrello, una corretta diagnosi di malattia.

Diagnostica "non convenzionale" delle allergie alimentari (7-12,14-15)

Mentre per la medicina scientifica le reazioni avverse agli alimenti ed agli additivi sono piuttosto rare, l'ecologia clinica, disciplina nata negli USA a partire dagli anni '60, tali reazioni sono piuttosto frequenti, potendo determinare o aggravare disturbi cutanei, intestinali, neurologici, reumatologici e psichiatrici ad andamento cronico. Secondo gli ecologisti clinici non è possibile diagnosticare con le medotiche sopraindicate (prick, prick-by-prick, eliminazione, scatenamento in doppio cieco, ricerca di IgE specifiche) tutte le reazioni avverse o tossiche agli alimenti e per questo occorre affidarsi ad altre procedure (7). Già nel 1925 alcuni allergologi americani cominciarono a sospettare che l'esposizione, giorno dopo giorno, a cibi comuni (pane, latte, uova, ecc.). potesse provocare, in certi individui, disturbi fisici e mentali (8).
Un vero pioniere in questo campo va considerato il dott. Arthur Coca, rispettassimo fondatore dell'American Journal of Immunology, professore di farmacologia al Cornell Medical Center e poi direttore delle ricerche alla Lederle S.p.A.. Nel 1942 egli pubblicò un lavoro intitolato "Familiar non reaginic food allergy" in cui formulava l'ipotesi che, alcuni alimenti verso cui l'individuo era intollerante, potesse causare un'accelerazione dei battiti cardiaci. Partendo da osservazioni su sua moglie e su se stesso, egli elaborò il semplice test del polso (o di Coca), che, sebbene non affidabile e preciso, è il primo dei test "alternativi" per la diagnosi di reazione avversa alimentare ed appare ai più (7-8) utile, almeno per uno screening generale. Ma il vero artefice delle ricerche di ecologia umana che hanno portato ad una più precisa definizione di "intolleranza chimica" è da considerarsi Ted Randalph (7-8). Allievo di Rowe e di Rinkel, egli pubblicò i risultati del suo lavoro sulle reazioni allergiche mascherate (ritardate e non legate a risposte immunitarie) nel 1944. Dopo 15 anni d’ininterrotto lavoro allo Svedish Convent Hospital di Chicago, pubblicò nel 1951, con l'allergologo Zeller, un libro sulle reazioni "mascherate", raccogliendo un gran numero di casi di pazienti insensibili a qualsiasi metodo tradizionale di cura, migliorati o guariti eliminando alimenti verso i quali avevano sviluppato intolleranza (8). Tuttavia ci vollero altri tre anni (1954) perché Randolph capisse il fenomeno del "mascheramento" alla luce delle teorie sullo stress di Seyle, formulate su Nature nel 1944. Le reazioni avverse seguono il seguente andamento (7):

Secondo questa visione (fatta propria negli anni da Mackarness, Lewith ed altri ecologisti clinici), dosi ripetute di cibo intollerante esauriscono le capacità adattogene individuali (relazione fra asse ipotalamo-iposifo-surrenalico e sistema psiconeurologico ed immunitario), causando accumulo di "veleni" (tossici) in grado di determinare quadri inaspettati come sordità, reumatismo cronico, cefalea, mucosite area a ripetizione, dermatite, colite specifica o aspecifica, depressione, ecc.
Alla fine della sua carriera (fine anni cinquanta, inizio anni settanta) Randolph elaborò l'idea che l'impiego d’alimenti cresciuti organicamente e senza pesticidi potesse essere la risposta agli stati tossici legati all'intolleranza alimentare.
Tuttavia, nei diversi paesi, la ricerca continuava, soprattutto nel tentativo di elaborare sistemi diagnostici in vivo ed in vitro affidabili e ripetitivi, ma diversi da quelli comunemente impiegati dal mondo accademico (9).
Furono tentate diverse strade che portarono a facili entusiasmi, poi spenti dalla critica del tempo.
Ad esempio il test del pH salivare (con ampie variazioni verso l'acidosi in caso di intolleranza alimentare) o lo studio minelarografico dei capelli che, tuttavia, era molto variabile nel tempo e per nulla affidabile (a parte il costo davvero elevato).
Senza voler ripercorrere la storia dei diversi test alternativi, soffermiamoci su tre di essi, due in vivo e l'ultimo in vitro, i quali hanno avuto maggiore diffusione e portato a risultati più credibili (10).

- Test DRIA, si basa sullo studio delle variazioni del tono muscolare in rapporto all'assunzione di cibi intolleranti. E’ piuttosto affidabile e ripetevo nei risultati, a patto di impiegare strumenti di buona qualità e personale ben qualificato. Il costo della strumentazione (in fondo un dinamometro ad alta sensibilità) è piuttosto elevato e rende la quota a carico dell'utente piuttosto alta. Gli esperti di osteopatia, chiropratica e posturologia affermano che è possibile anche una valutazione diretta e manuale del tono muscolare, senza l'impiego di strumenti di rivelazione. Casistiche ampie e controllate non sono mai state prodotte.

- Test VEGA (e sue varianti): sviluppatosi a partire dalle osservazioni dell'elettroagopuntura secondo Voll, sulle variazioni del potenziale elettrico cutaneo in relazione al contatto con alimenti intolleranti. Nonostante il metodo sia criticato per la sua scarsa riproducibilità (i risultati variano secondo l’operatore, della strumentazione e delle "sostanze-test" usate), si è tentato di ovviare alle diverse limitazioni costruendo, nel tempo, apparecchiature differenti (Vega, Mora, Sarmtest 800, Sarmtest 2.000), con puntali sempre più maneggevoli e calibrati, in modo da ottenere risultati indipendenti dalla pressione esercitata (11-12). Fra le metodiche alternative è l'unico test che può vantare ricerche cliniche ampie e di un qualche significato (11-12). Mentre in Germania, Inghilterra, Canada e negli USA sono stati impiegati molti apparecchi diversi (Dermatron, Vital, Lesten, Interro), in Italia hanno soprattutto preso piede vari tipi di Vega (principalmente il Vega II), il Mora ed il Sarm-test (nelle due versioni 800 e 2.000). Il test consiste nel valutare la resistenza elettrica cutanea in rapporto ai principi del bilancio bioenergetico dei punti di agopuntura descritti da Voll nel 1973 ed è stato usato dagli ecologisti clinici per le tossicosi alimentari e da additivi e dagli omeopati per l’assentimento individuale dei diversi rimedi. Gli studi rondomizzatti e controllati hanno riguardato sia le allergie alimentari sia quelle da inalanti, con casistiche significative ed indici di discriminazione dell'’82-96%. Presso il nostro Centro impieghiamo il test in regime di convenzione dal 1993, dopo un anno (1992) di attività e dopo risultati molto soddisfacenti su una casistica non selezionata di più di trecento individui, con un’affidabilità diagnostica che stimammo attorno al 70-75% (13).

- Test Leucocitotossico: messo a punto da Byrant negli anni quaranta e sviluppatosi poi in Europa (Inghilterra ed Italia) alla fine degli anni ottanta. consiste nel documentare, in vitro, l'azione citotossica (vacuolizzante) di certi alimenti sui neutrofili del paziente. Nonostante numerose segnalazioni sulla sua affidabilità e riproducibilità (10), molti AA affermano che, eseguendo esami sullo stesso paziente e sul sangue dello stesso prelievo in centri diversi, si possono ottenere risultati nettamente differenti. La medicina scientifica, in ogni modo, è molto critica sulla reale efficacia del test. Le nostre non numerose esperienze c’inducono ad una certa prudenza circa la reale capacità del test di rilevare reazioni avverse, con risposte, molto spesso ed anche da parte di operatori esperti, alquanto sovrastimate.

Casistica quinquennale e conclusioni

Dal 1993 al 1998 presso il nostro Centro Allergologico, sono stati effettuati 3.567 Sarm-test, per un totale di 1.508 pazienti. Il test ha evidenziato una o più positività ad alimenti ed additivi in 889 pazienti (59%), di cui 176 (21%) di età pediatrica (fra i 4 ed i 12 anni), gli altri adulti, con significativa prevalenza per il sesso femminile (67% contro il 46%). Nessuno dei pazienti mostrava livelli di IgE specifiche significative, né prick test con alimenti preparati o freschi di tipo indicativo. I disturbi denunciati dai pazienti (Fig. 1) sono stati intestinali (reflusso gastroesofagea, colon irritabile, gastrite ipersecretiva, dispepsia ipostenica), cutanei (orticaria, orticaria-angioedema, eczema, dermatite seborroica) o neurologici (cefalea vasomotoria, sindrome menieriforme), con netta prevalenza per le forme miste (cutaneo-intestinali, neurologiche ed intestinali, ecc.). Nella maggior parte dei casi sono stati identificati o alimenti di uso comune (grano, latte, uova, caffè, pomodori) o sensibilità verso alimenti ed additivi (nichel solfato, tartrazina, eritrosina, solfiti, glutammato). Nella Fig. 2 viene riportata la distribuzione fra forme alimentari, da additivi e miste (queste ultime lievemente prevalenti).
L’esclusione degli alimenti e/o degli additivi intolleranti, ove possibile, è stata fatta per 4-6 settimane, con reintroduzione a rotazione ed in rapporto alle compatibilità alimentari (10,13).
Un soddisfacente risultato, con follow-up di 12-18 mesi, si è riscontrato in circa i 2\3 dei soggetti trattati.

Attualmente la comunità scientifica internazionale è molto restrittiva sulle linee guida per la diagnosi di reazione avversa agli alimenti. Anche se un tempo si attribuiva grande importanza alla ricchezza di istamina e/o triptofano (precursore della serotonina) in alcuni cibi in corso di orticaria o emicrania (14), studi controllati dimostrano che tonno, sardine, vino rosso e bianco, formaggi fermentati, spinaci e pomodori non acuiscono le espressioni di tali patologie.

Eppure alcuni AA ancora definiscono False Allergie Alimentari (FAA) l'insieme dei disturbi intestinali ed extraintestinali, che assume la forma di una reazione reaginica in relazione ad un rilascio istaminico non specifico. Tali condizioni si verificano se si manifesta una delle tre seguenti condizioni (14):

Mentre i testi immunologici in vitro (IgE ed IgG4 specifici, degranulazione specifica mastocitaria, ecc.) ed alcuni testi in vivo (prick e prick-by-prick) sono solitamente negativi, la provocazione orale anche in doppio cieco ed il test leucocitossico (di Byrant) possono risultare positivi.
Un test dirimente in corso di FAA (14), è il protocollo che prevede l'impiego, distanziato da un'ora ed a cieco semplice, di capsule opache di gelatina con:

  1. Lattosio 100 mg

  2. Tiramina 40 e poi 100 mg

  3. Feniletilamina 3 mg

  4. Nitrito sodico 4 e 8 mg

La provocazione orale si considera positiva quando si verifica una riproducibilità della sintomatologia oggettiva o un’esacerbazione dei sintomi identificati.
Il test va eseguito sotto controllo medico ed in un centro ospedaliero.
In questi casi riteniamo molto utile eseguire un test bioenergetico (Vega, Sarm-test) per identificare sostanze (alimenti o additivi) intolleranti.
Talora, poi, in condizioni critiche (alimenti difficilmente eliminabili per lunghi periodi), sarà opportuno far seguire, ad una diagnosi non convenzionale, una terapia combinata (14-15), con cromoni, prodotti omeopatici neutralizzanti e stimolazioni su punti d’agopuntura.
Abbiamo anche notato che, molto spesso, sono i farmaci e non i cibi o gli additivi ad essere responsabili di un incremento istaminico con reazioni avverse cutanee o extracutanee. Occorre, pertanto, indagare anamnesticamente (13) sull’impiego di farmaci comuni che, bloccando l’istamino-ossidasi, incrementano i livelli d’istamina libera circolante.
Tali farmaci sono soprattutto: aminofillina, verapramile, clorochina e metamizolo.

Bibliografia

  1. Errigo E.: Malattie Allergiche, voll I-II, III ed., Ed. Lombardo, Roma, 1999, pp 439-467.

  2. Pastorello E.A., Incorvaia C., Pravettoni V.: Allergia e alimenti, Giorn. It. Allergol. Immunol. Clin., 1997, 7 (S2): 47-54.

  3. Ortolani C.: Modelli di allergia alimentare non IgE-mediata, Atti del Corso Allergia ed Intolleranza Alimentare, (Milano, 29-30 aprile 1994) Ed. SIAIC, Milano, 1994, p. 51-55.

  4. Anderson J.A.: The clinical spectrum of food allergy in adults, Clin. Exp. Allergy, 1991, 21: 304-310.

  5. Blanco-Quiros A., Arranz E.: Immunological mechanism of food allergy, Proc. XVI EAACI Congr. (Madrid, Juene 25-30 1995), Ed. Monduzzi, Bologna, 1995, pp 869-872.

  6. De Luca L.: L’allergia alimentare, Ed. Florio, Napoli, 1991, pp 1-101.

  7. Mackarness R.: Non tutto è immaginazione, Pan Book, London, 1976

  8. Randolph T. G.: Human Ecology and Suscettibility to the Chemican Envirinement, Ed. C.C. Thomas, Springfield, 1962.

  9. Franklin A. J.: Reazioni Avverse Alimentari, Ed. Fisons, Roma, 1989.

  10. Mantatori M., Rizzo C.: Ecologia clinica ed intolleranze alimentari, Ed. Tecniche Nuove, Milano, 1995.

  11. Krop J., Swierczek J., Wood A.: Comparisition of ecological testing with Vega test method in identifying sensitivies to chemical, foods and inhalants, Am. J. Acupuncture, 1985, 13: 63-68.

  12. Krop J., Faem G.T., Lewith M.A. et al.: A double blind, rondomizated, controlated investigation of electrodermical testing in the diagnosis of allergies, J. Altern. Complement. Med., 1997, 3 (3): 241-248.

  13. Di Stanislao C., Corradin M., Giovanardi C.M., Mazzanti U., Bologna G.: La dieta d'esclusione, in Dietetica Medica Scientifica e Tradizionale di Bologna M., Di Stanislao C., Corradin M. et al., Ed. CEA, 1999, parte III, pp. 494-496.

  14. Campanelli M.: Quando il cibo fa male, Le Scienze, 1999, 371, luglio: 31.

  15. Di Stanislao C. & Bologna G.: Possibile ruolo nelle reazioni avverse alimentari in combinazione con la moxibustione. La Mandorla, 1999, 10

  16. Di Stanislao C.: Relazione fra tipi umani ed ambiente nella remota tradizione oriente: spunti per un’ecologia antropologica, I Convegno Individuo, Ambiente, Salute, Atti, Ed. Comune di Castel Del Monte, in collaborazione con Università de L’Aquila e AUSL 04 L’Aquila, Castel Del Monte (in press).

 

Indirizzo per estratti e chiarimenti

Carlo Di Stanislao
Divisione Dermatologico-Centro Allergologico AUSL04
Ospedale S. Salvatore (nuova sede di Coppito)
Piazzale Giulio Natali
67100 L'Aquila