A.U.S.L. 04 L’AQUILA
Divisione Dermatologica-Centro Allergologico
Primario: Dott. Giovanni Bologna
A.M.S.A.
Presidente: Dott. Carlo Di Stanislao

 

Attualità e critiche alla dottrina omeopatica.
Possibile ruolo nelle reazioni avverse alimentari
in combinazione con la moxibustione

Carlo Di Stanislao & Giovanni Bologna

"Certe volte la gente mente soltanto tacendo"

Stephen King


Riassunto: Vengono descritti pregi e difetti della dottrina omeopatica e suo sviluppo nel mondo medico attuale. Si forniscono, infine, alcuni dati sull’impiego di rimedi omeopatici in corso di "intolleranze" alimentari

Parole chiave: omeopatia, simillimum, intolleranze alimentari

A. Sassu - La grande battaglia, 1951Fondata come corpo dottrinario da Hahneman sul finire del XVIII secolo, l’omeopatia vuole soddisfare il principio "similia similubus curentur", opposto a quello ippocratico del "contraria contraris curentur" e quindi risanare in maniera "dolce, pronta, sicura e durevole", al fine di evitare recidive ed aggravamenti, mediante rimedi in grado di determinare gli stessi sintomi e segni della malattia (1).

L’idea del simile (simillimum) non è del tutto estranea alla storia della medicina prima di Hanemhan (2).Già nel XVII secolo il medico italiano Fioravanti poteva scrivere "non sempre le cose sono curate dal loro contrario. Io ho spesso visto che gli umori calidi scompaiono con rimedi caldi ed i frigidi con i frigidi e molte qualità di infermità con i propri simili". Molti storici, poi, vedono nella pratica della "vaiolizzazione alla Jenner" (che è coeva della promulgazione omeopatica di Hahneman, ma si basa su un resoconto di Lady Montagu del 1721) una brillante applicazione del "simillimum", anche se in chiave non terapeutica ma preventiva. Ricordiamo anche che il più brillante dei "vaiolizzatori" italiani del XIX secolo, il varesino Luigi Sacco, allievo di J.P. Frank, nel suo "Trattato di vaccinazione con osservazioni sul giavardo e sul vajuolo pecorino", pubblicato nel 1809 (un anno prima dell’Organon), esprime idee "omeopatiche" recepite dagli ambienti medici dell'epoca con molto diffidenza (2).

Ma il precedente più illustre e più strutturato fu quello (50 anni prima di Hahneman) di Hunter, che partendo dall’osservazione che, talora, una malattia scaccia l’altra, elaborò l’idea di cercare medicamenti i quali, ad una certa posologia, fossero in grado di provocare sintomi lievissimi, in grado di scacciare o debellare la malattia vera (1).

Anche il medico italiano Gandini (nel 1757) aveva fatto analoghe osservazioni, ma si deve ad Hahneman lo sviluppo dottrinario della scienza omeopatica, intesa come o m o i s r a q o s , ovvero atto di ricerca di un rimedio in grado di sviluppare una malattia simile a quella contro cui è diretto (1,3-4).

Le critiche alla dottrina omeopatica non mancarono nei secoli scorsi e sono ancora oggi molto tenaci e documentate (1). Spesso i ravvicinamenti fra malattia naturale e medicamentosa sono molto forzati e l’estrema divisione dei medicamenti costituisce un aspetto di difficile accettazione farmacologica. (1,4-6).

Circa il primo punto va notato che l’ulcera mercuriale non è per niente simile a quella luetica (aspetto, consistenza e dolorabilità sono differenti) e l’esantema scarlattinoso non è per nulla identico a quello prodotto dalla belladonna (1,7-8). Lo stesso Hahneman (2,9) è molto vago sulle "esperienze esatte" nella ricerca del simillmum e, a volte, gli organoterapici sembrano avere un mero valore opoterapico e sostitutivo.

Ma l’aspetto più francamente criticato (7-10) rimane l’estrema diluizione e suddivisione dei medicamenti e la loro supposta dinamizzazione. Per ragioni pratiche Hahneman operò deconcetrazioni (diluizioni) geometriche su base 1/10 o 1/100, intervallate da una particolare "agitazione" definita "dinamizzazione" (d yn a m o s = energia), capace di caricare il medicamento. Il numero delle diluizioni era compreso, di solito, fra 1 e 30 (1,3,11).

Alle diluizioni omeopatiche la dose di medicamento è in sostanza inesistente, trovandosi al di sotto del numero d’Avogadro (6,022 x 10 alla 23°) (1,7). Questo fatto mina nelle fondamenta ogni principio della farmacologia ed anche volendo considerare le molecole più piccole o addirittura gli ioni in cui le molecole possono dissociarsi, il valore limite massimo è fino alla 15° diluizione e non oltre (7-9). Non si tratterebbe, quindi, di affermare che l’effetto non è dose-dipendente, ma di voler credere che sia il soluto e non il principio attivo a poter risanare (9).

Comunque, nonostante gli attacchi ricevuti in duecento anni di storia (Organon de l’arte del guarire è del 1810), la teoria omeopatica si è molto sviluppata in Europa, Asia (India, Pakistan, Israele), Africa (Tunisia, Algeria, Marocco, Kenya, Togo, Sud Africa, Costa d'avorio, Ghana), Nord-America (USA, Canadà, Messico), Sud-America (Argentina, Brasile, Perù, Colombi) ed Oceania (Australia e Nuova Zelanda).

Questo perché, nonostante la difficoltà d'accetazione scientifica dei concetti di similitudine, diluizione e dinamizzazione, i successi terapeutici, anche in patologie refrattarie alla terapia farmacologica, sono stati molto vari e numerosi (1,5-6,11). I vari allievi di Hahneman (Von Boenninghausen, Gressilich ed Hering negli USA; Quinn in Inghilterra, de Guidi in Francia e Necker nel Regno delle due Sicilie) hanno permesso una diffusione capillare delle teorie hahnemaniane e, negli ultimi 50 anni, si è registrato un maggior ordinamento nella preparazione e distribuzione dei principi (12).

Attualmente l’omeopatia gode di larga fama fra gi utenti e di numerosi estimatori fra medici e farmacisti. Questa fortuna è condivisa con le altre pratiche "alternative" e spesso basata sulla sola suggestione che parole come "olistico", "naturale", "dolce" inducono nell’opinione pubblica (12). Ma, in primo luogo, vogliamo segnalare quanto di comune vi sia fra medicina accademica ed omeopatica almeno nelle linee guida di relazione medicoÞ pazienteÞ malattia. Già più di venti anni fa il prof. Ugo Teodori (13) richiamava la nostra attenzione sui contenuti olistici, diatesici, morfosemeiologici e psicosomatici della biomedicina, intesa nel suo sviluppo storico. Appartengono, pertanto, alla medicina in senso lato (e non solo alle "alternative") concetti come diatesi eriditaria, costituzione individuale, correlazioni fra abito morfologico e caratteri funzionali e psicologici e, pertanto, non da Vannier, ma da Paracelso, Morgagni ed altri, la medicina ha dell’uomo una visione olistica e della malattia una documentata e dinamica visione psicosomatica (2). Affermare, pertanto, che solo le medicine "altre" individuano interconnessioni psicosomatiche e costituzionali-acquisite, nelle diverse malattie, è un errore metodologico che va rimosso e cancellato. Il principio secondo cui non esistono malattie puramente somatiche o altre solo psichiche, poiché si hanno molteplici correlazioni fra le alterazioni organiche e funzionali da un lato e la personalità psichica dall’altro, appartiene alla medicina scientifica nei suoi dettati storici e nei suoi risvolti attuali (2,13).

Sfruttare questo malinteso al fine di diffondere le pratiche alternative, crediamo sia nefasto e, alla lunga, perdente. I racconti miracolisti e l’anedottica edificante, il rimando continuo ai maestri della tradizione (Hahneman, Kent, ecc.), l’inflazione di preparati, la letteratura di confronto, non possono condurre a quella sana valutazione critica che, in modo sempre più evidente, è richiesta dal mondo medico più aperto ed acculturato. Se già negli anni venti il Sabbatini (14) richiamava alla necessità " di documentare in modo da tutti comprensibile e con tecniche controllate e ripetibili, l’efficacia di un rimedio omeopatico", oggi questa necessità è divenuta urgenza, di fronte ad un mercato ed ad una richiesta crescente e con il rischio di una totale babele di voci ed un’assenza di rigorosi controlli (7,12).

La pretesa di individualizzare l’intervento non è può essere né un freno alla sperimentazione controllata, né un carattere distintivo, poiché, in teoria, ogni intervento medico è individuale (1,7,13). Solo la valutazione effettiva della qualità delle cure rese può rendere, al di là del fascino delle teorie, valide e condivisibili alcune affermazioni (1,7).

Bisognerà, pertanto, stabilire studi controllati che saranno in grado di spiegare alcuni interrogativi ancora oggi molto insistiti (8). Anche nel campo delle medicine complementari il trial controllato e rondomizzato è lo strumento migliore per la valutazione d'efficacia, ma per poterlo applicare all’omeopatia bisogna risolvere alcune questioni di fondo (15-17):

  • Definizione delle caratteristiche dei pazienti da includere.
  • Definizione esatta del tipo d trattamento (tipo, dose, frequenza, durata, ecc.).

  • Quale tipo di gruppo controllo scegliere per il confronto.

  • Definizione esatta della numerosità delle coorti.

  • Qualificazione dei risultati.

Sfortunatamente nel campo dell’omeopatia e di tutte le medicine complementari non tutti questi requisiti possono essere soddisfatti (1,15). La attenta valutazione dei documenti internazionali e dei pronunciamenti degli esperti del settore (15,18) ci induce a ritenere una strada possibile quella dei "casi controllo", ovvero lo studio di casi cinici in chiave prospettica e per un sufficiente periodo di tempo.

In questo modo sarà possibile sia una valutazione scientifica, sia una sperimentazione aperta ed individualizzata (15).

Inoltre anche i trial patologici omeopatici (suggeriti da Fisher e Linde) su soggetti sani al fine di registrare i sintomi prodotti, potranno, nel giro d’alcuni anni, ad una validazione della Materia Medica tradizionale.

Le metanalisi internazionali condotte negli anni novanta da Watkins e da Aitchison e coll., sembrano dimostrare che l'omeopatia è molto efficace, e con basso numero di effetti collaterali, nella patologia allergia ad espressione sia respiratoria che cutanea.

L'impiego di Galphimia assieme ad un preparato omeopatizzato di polmone di cavia uccisa mediante provocazione di schock anafillattico (a partire dalla diluizione 7CH), riduce la gravità delle crisi e la broncoreattività alla metacolina in corso di asma bronchiale, mentre la somministrazione orale di estratti omeopatici di miscele polliniche era già in uso, in Inghilterra, venti anni prima dell'immunoterapia iposensibilizzante specifica sottocute, introdotta da Noon nel 1911. Una nostra piccola esperienza durata un anno con estratto omeopatizzato di Acari maggiori (Dermatofagoides pteronissinus e farinae), ha dimostrato un buon indice d'efficacia nella riduzione dei sintomi (rinorrea, ostruzione, starnuti, vellichio) in corso di rinopatia allergica (La Lettre Dolisos, 1995).

Buoni risultati si segnalano, ma in studi non ben strutturati e randomizzati, in corso di dermatite atopica.

Per ciò che attiene ai rimedi miasmatici sono soprattutto indicati Sulfur e Psorinum, anche se, per i carbonici, è prescritta Calcarea carbonica.

Come rimedi più sintomatici (da impiegare in rapporto ai quadri clinici) Arsenicum album, Sepia, Antimonium crudum, Citrus canadensis, Euphorbia lathyris, Kali Ars., Manganum, Oleander, Petroleum, Pix liquida. Va ricordato che le Tinture Madri di Citrus canadensis ed Euphorbia lathyris sono dotate di attività antistaminica, mentre risultati a volte significativi sono stati descritti impiegando, come adiuvanti alimentari, il manganese (anche omeopatizzato alla I D) commisto ad acidi grassi di tipo omega-3 (in dosi ponderali).

Nostra esperienza nelle reazioni avverse alimentari

Si definiscono False Allergie Alimentari (FAA) l'insieme dei disturbi intestinali ed extraintestinali, che assumano la forma di una reazione reaginica in relazione ad un rilascio istaminico non specifico. Tali condizioni si verificano se si manifesta una delle tre seguenti condizioni:

Mentra i testi immunologici in vitro (IgE ed IgG4 specifici, degranulazione specifica mastocitaria,ecc.) ed alcuni testi in vivo (prick e prick-by-prick) sono solitamente negativi, la provocazione orale anche in doppio cieco ed il test leucocitossico (di Byrant) possono risultare positivi.

Un test dirimente in corso di FAA, è il protocollo che prevede l'impiego, distanziato da un'ora ed a cieco semplice, di capsule opache di gelatina con:

  1. Lattosio 100 mg

  2. Tiramina 40 e poi 100 mg

  3. Feniletilamina 3 mg

  4. Nitrito sodico 4 e 8 mg

La provocazione orale si considera positiva quando si verifica una riproducibilità della sintomatologia oggettiva o un'esecerbazione dei sintomi identificati.

Il test va eseguito sotto controllo medico ed in un centro ospedaliero.

Ci siamo occupati in passato (19-20) di dignostica bioenergetica e trattamento agopunturistico e fitoterapico di pazienti con reazione avversa alimentare non IgE-mediata. In questi ultimi mesi, a seguito d’alcune osservazioni di Miccichè (21-22), abbiamo iniziato una ricerca "caso controllo" (con una durata media di otto mesi quanto a follow-up) relativa ad alcuni bambini (dai cinque ai dodici anni) con note intestinali ed extraintestinale d’intolleranza alimentare (F AA). La diagnosi è stata effettuata mediante prick test con prodotti sia del commercio sia freschi, test orale a solo cieco per FAA e Sarm-Test (metodica bioenergetica) e confermata con dieta d'esclusione per 30 giorni e reintroduzione successiva degli alimenti sospetti.

Il protocollo di trattamento ha previsto l’impiego (2\3 volte al dì) di cromoglicato disodico idrosolubile (200- 300 mg/die) mezz’ora prima dei pasti principali un rimedio omeopatico "neutralizzante" alla 9CH, 2-3 granuli per volta alle ore 10-17 e 22 e moxibustione settimanale. La dieta è stata tenuta libera con esclusione d’additivi e conservanti. Il trattamento ha avuto una durata di due mesi d il follow up è andato dai sei ai dieci mesi.

I principi omeopatici sono selezionati in rapporto al seguente schema (21-26).

I punti d’agopuntura sono stati trattati in moxa, con sigari di fabbricazione cinese "Ta I" e con metodica detta "a becco d'uccello" sino alla sensazione di "calore profondo". I punti prescelti sono stati: SI 11, TE 7, CV 17, GV 6, CV 11-12-13 (con piccole variazioni individuali) (20).

Sebbene i nostri dati siano ancora esigui, abbiamo notato, a dieta libera, una netta riduzione dei segni sia intestinali (vomito, diarrea, crisi coliche) che extraintestinali (ipercinesia, cefalea dermatite, orticaria) legati l’assunzione di cibo.

Riferiamo, a scopo esemplificativo, due differenti casi clinici.

Caso I

A. Laura, 6 anni e 9 mesi, secondogenita. Da circa 14 mesi crisi di orticaria ricorrente con dolori addominali ed episodi (circa tre la settimana) di diarrea acquosa.

Non atopia né familiare né personale (IgE totali 23 mU/100ml; IL2-4-10, Rast per Alimenti principali ed Acari Maggiori, prick per trofo e pneumoallergeni, negativi). Ha avuto uno sviluppo psicofisico ed un divezzamento normali. Non precedenti potologici di rilievo.

L'esame microbiologico e parassitologico delle feci è risultato normale. Normale anche il pH e la quantità di tricliceridi. Il test del sudore e l'acido sialico ematico sono risultati nella norma.

Il Sarm Test ha evidenziato intolleranza per pomodoro, grano e carne di manzo. Il test progressivo per FAA reazione positiva (prurito, orticaria e/o dolore addominale) per lattosio, tiramina a 40 mg e nitrato sodico.

Una dieta priva di grano, pomodoro fresco, carne di manzo, latte di mucca, latticini, frutta esotica, frutta secca, cioccolato e cibi conservati (si davano latte di soia, formaggio di soia, farro, riso, granturco, mais, carni bianche, pesce) ha determinato, dopo un mese, scomparsa delle crisi sia gastroenteriche che urticariose.

Dopo reintroduzione di dieta libera ricomparsa (fra il settimo ed il decimo giorno) dell'orticaria e delle crisi coliche addominali.

Abbiamo eseguito un trattamento per due mesi con:

Abbiamo poi interrotto il trattamento e, lasciando la sola restrizione per gli additivi alimentari, eseguito controlli quindicinali per sei mesi.

Le Tab. 1-3 mostrano l'andamento della diarrea, dei dolori addominali e dell'orticaria.

I tempi (T0-T16) sono espressi ad intervalli di 15 giorni.

La diarrea e il dolore addominale sono calcolati in numero di episodi.

L'orticaria, invece, come score medio con livelli a 4 punti, in base sia alla frequenza che alla gravità delle crisi.

 

Caso 1 - tab. 1

 

Caso 1 - Tab. 2

Il test orale per FAA in unico cieco, eseguito sia a fine trattamento, sia dopo follow up è risultato negativo.

Il Vegatest è risultato negativo dopo il periodo attivo e positivo per il pomodoro (caduta dell'indice impendenziometrico del 30% versus controllo) dopo il follow-up.

Caso II

M. Ginetta, 12 anni e 3 mesi. Cefalea vasomotoria e prurito diffuso con lesioni escoriate da grattamento. La forma cefalagica è insorta da 10 mesi (diagnosi di emicrania giovanile presso il locale Centro delle Cefalee). Il prurito insiste da circa 8 mesi. L'esame dermatologico è risultato negativo. Familiarità per emicrania (madre, nonna materna ed una zia paterna). Non familiarità allergica. IgE totali e specifiche normali. Prick test per trofo e pneumoallergeni negativi. Scatenamento orale in doccio cieco per latte, uova, merluzzo, grano, negativi. Discreta risposta sintomatica con flunarizina 5 mg/die, interrotta per eccessa sedazione con riduzione del rendimento scolastico.

Sarm Test positivo per grano. Test leucocitossico (eseguito in altra sede) positivo per grano. Test orale in solo cieco per FAA positivo per tiramina (40 mg) e feniletilamina.

L'esclusione di additivi e grano dalla dieta ha portato, in un mese, a scomparsa del prurito e netta riduzione del numero e della gravità delle crisi di cefalea.

La reintroduzione del grano nella dieta ha prodotto, in quindici giorni, riacutizzazione del prurito e della cefalea.

Abbiamo eseguito terapia per due mesi con:

In questo caso il follow-up è stato di 10 mesi.

Le Tab. 1-2, con dati raccolti ogni 15 giorni (T0-T24), indicano l'andamento medio delle crisi di emicrania (frequenza, durata, intensità) e del prurito (frequenza ed intensità).

 

Caso 2 - Tab. 1

Caso 2 - Tab. 2

 

Il test orale FAA in unico cieco dopo periodo attivo è risultato negativo per feniletilamina e dubbio per tiramina (a 100 mg). Entrambe le sostanze sono state tollerate dopo il follow-up.

Il Vegatest per il grano è risultato negativo dopo periodo attivo e positivo (caduta dell'indice impedenziometrico del 20% rispetto al controllo) dopo follow-up.

Conclusione

L'eliminazione d’alimenti scatenanti è la sola terapia razionale delle allergie e pseudoallergie alimentari. Purtuttavia vi sono ragioni di ritenere che sia possibile, in talune forme di FAA, indurre una tolleranza di lunga durata mediante terapie combinate convenzionali e non convenzionali. Mentre è ben noto il meccanismo d'azione dei cromoni (ridotto assorbimento di macromolecole e stabilizzazione della membrana mastocitaria) la moxibustione su punti dell'agopuntura cinese ed alcuni rimedi omeopatici "neutralizzanti" potrebbero ristabilire un ottimale equilibrio fra organismo ed istamina, normalizzando il rilascio di mediatori neuro-vasoattivi a livello sia mastocitario che basofilico.

E' possibile ritenere, almeno a livello teorico, che la moxa sui punti dell'agopuntura cinese, possa aver modificato alcune molecole del sistema HLA di classe seconda, collegate con le flogosi minime intestinali e pertanto migliorato l’assorbimento intestinale di principi proteici scatenanti.

Sebbene concettualmente non avremmo dovuto impiegare la moxa (jiao) in malattie con espressione di tipo "calore", questa metodica è stata preferita non solo per la minore aggressività, ma perché molto attiva (secondo il Lingshu e Sun Si Miao) in età pediatrica.

 

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