Sindrome da Immunodeficienza Acquisita:
lo stato sulle terapie non
convenzionali
“… il ragazzo
guardava il vecchio che dormiva. Il vecchio intanto sognava i leoni”
E. Hemingway
Iscrizione dell’orologio della
Cattedra Normanna di Pisa.
Riassunto:
L’articolo analizza il risultato degli studi più recenti sull’impiego delle
risorse delle Medicine Non Convenzionali
in corso di infezione HIV. Una bibliografia esauriente completa ogni
sezione. L’articolo vuole solo avere valore interlocutorio e non si propone
affermazioni o conclusioni definitive.
Parole chiave: HIV, AIDS, Medicina Non Convenzionale.
Quando
nel 1981 si segnalarono, fra gli omosessuali di S. Francisco, i primi casi di
quella che sarebbe stata definita AIDS o SIDA, all’allarme della comunità scientifica
di fronte a quella che, nel breve volgere di pochi anni, sarebbe divenuta
l’epidemia del XX secolo, mi rammentai di un concetto, contenuto sul numero
d’apertura dell’Anthologia Santoriana e recensito sul Corriere della Sera da
Alfredo Todisco, espresso dal prof. Marcello Comel, dermatologo, scienziato e
consistente umanista, il quale affermava “quando si crea una totale frattura
fra uomo ed ambiente è l’ambiente che, aggredendo l’uomo, genera sempre nuove
pestilenze”. Il concetto non era del tutto originale[*],
ma per la prima volta, a mia conoscenza, espresso in modo così esplicito,
forte, chiaro e controcorrente. Quel giudizio, in apparenza moralistico,
denotava una visione storica e laica della vicenda relativa alla salute umana e
sembra oggi riproporsi, con drammatica attualità, in termini d’aggressioni
prioniche (ancora più minute e subdole di quelle virali) e cibi transgenici
(con tutta la polemica che si accesa sull'argomento). Fino alla sua morte,
avvenuta nel 1995, il prof. Comel ha sottolineato che, sovvertendo la regola
delle tre emme (mangiare, masticare, muoversi), l’uomo contemporaneo ha
prodotto squilibri omeostatici tali da giustificare tutte le più recenti e
nuove patologie, prima fra esse la pandemia HIV-correlata. Quest’anno, il 1°
dicembre, si è svolta la giornata mondiale su l’AIDS e pur sottolineando che,
negli ultimi due anni e grazie ad un miglioramento della diagnosi e della
prevenzione sono dimezzati i nuovi casi (da 4.000 a 2.000 l’anno nel nostro
paese), la mortalità resta alta nei paesi africani e l’incidenza d’effetti
collaterali è elevatissima in corso di terapia antiretrovirale.[†] Emergono sempre più gli aspetti
psicologici e di non rifiuto nella gestione del paziente con Sindrome da
Immunodeficienza Acquisita[‡]
e si moltiplicano le ricerche sulle terapie alternative a quelle farmacologiche
più consolidate[§]. Questo
lavoro vuole fare il punto sulle conoscenze più accreditate relative alle Medicine Non Convenzionali in corso
d’AIDS. Si prendono in considerazioni gli aspetti complementari più noti,
mentre non si analizzano altri
modelli terapeutici (etnomedicina africana, medicina ayuverdica, ecc.[**])
che sono in generale meno esplorati. Una ricerca del 1993 condatta dal prof.
Eisenberg dimostra che più del 30% dei pazienti con AIDS negli USA fa ricorso a
terapie alternative e con risultati soggettivi molto apprezzabili[††]. Ampie review sono state condotte in
questi anni e ciò che differenza da esse il nostro lavoro è l'impostazione che
comprende vari aspetti di terapia non convenzionale[‡‡].
Prima
di ogni altra cosa un particolare ringraziamento deve essere indirizzato ai
vari colleghi, che con grande e spontaneo senso di collaborazione, ci hanno
aiutato nella difficile sintesi redazionale:
Membri del Comitato
per le MNC dell’Ordine dei Medici de L’Aquila
Corpo Docenti del
Corso di Omeopatia ed Omotossicologia del Nobile Collegio Omeopatico, sede de
L’Aquila.
Dott.ssa Rosa Brotzu,
Direttore Sanitario del Centro Xinshu di Roma ed Ostia, membro del Consiglio
Direttivo della Società Italiana di Agopuntura
Dott.ssa Edi
Galluzzo, Ph.D ,Specialista in Reumatologia, membro dell’AMSA.
Dott. Maurizio
Corradin, Direttore Sanitario del Centro Sheng di Desenzano (BS), Direttore
Scientifico del Corso di Fitoterapia dell’AIRAS di Padova e docente presso la
Scuola Italo-Cinese di Agopuntura di Roma.
Dott. Ottavio
Iommelli, Presidente dell’Associazione Italiana di Fitoterapia e
Fitofarmacologia, Responsabile del Dipartimento di Agopuntura e Fitoterapia
dell’Ospedale S. Paolo, USL 01 di Napoli.
Da circa 15 anni gli studiosi di Medicina Tradizionale
Cinese (MTC), stanno elaborando ricerche, nei diversi continenti, sulla possibilità di terapia
dell'infezione da HIV con le metodiche tradizionali della medicina energetica
estremo-orientale. Una percentuale non inferiore al 10% delle 56.000 voci
rubricate sul "database" della Britsh Library (ricerca del 31 marzo
1996) riguarda studi relativi all'impiego di piante cinesi, agopuntura-moxibustione
e Qi Qong in corso d’AIDS (i lavori comprendono un ventaglio di una sessantina
di riviste per lo più in lingua inglese) (1).
Nel 1990 presso il College of Traditional Chinese Medicine
di Beijing sono state studiate "in vitro" 40 piante che hanno dimostrato
sia azione immunostimolante che antivirale. Le piante risultate più efficaci
sono state la radix Trichosantis ed il fructus Aristolochiae. Nel 1991
un’équipe dello stesso collegio ha dimostrato che alcuni gensonidi del Ginseng
rosso sono dotate di vigorosa azione immunostimolante sui linfociti Helper e
che la formula classica (estratta dal manuale del XVII secolo
"Differenziazione fra malattie esogene ed endogene") definita Dangui
Bu Xue Tang e composta da radix Angelicae chinensis e radix Astragali seu
Hedysari è molto efficace come antivirale e riduce, in vivo, le complicanze
infettive secondarie da piogeni o mycobacterium tubercolosis[§§].
Questi risultati sono stati confermati dal prof. Wang Xu-ao nel 1992. Alcuni
lavori pubblicati sul Journal of Traditional Chinese Medicine (1992-1993) hanno
dimostrato l'azione riduttiva sul sarcoma di Kaposi di piante cinesi definite
antinfiammatorie come: flos Lonicerae, flos e radix Isaditis, rhizoma
Sparganii, rhizoma Zedoariae, semen Strychni, Tribolus birittatus. Uno studio
multicentrico (pubblicato sul J. of Trad. Chin. Med., 12, 3, 1992) svoltosi in
Germania, Australia ed USA e che ha riguardato 200 casi di pazienti con gradi
diversi di infezione HIV (ARC, LATS, AIDS conclamato) ha dimostrato che
l'associazione agopuntura e fitoterapia con piante cinesi aumenta in modo
significativo il numero dei linfociti e migliora considerevolmente lo stato
generale del paziente (2-11).
Un risultato analogo era stato pubblicato da Pizay (Revue
l'Acupuncture, OEDA, Paris, 96, 1988) impiegando la moxibustione su un numero
esiguo (dodici) di pazienti HIV positivi (aumento dei leucociti totali e dei
linfociti, incremento del potere fagocitico, ecc.).
Presso l'Ordine dei Medici di Parma (maggio 1988) un gruppo
di ricerca italiano (Di Stanislao C. e Paoluzzi L.) aveva mostrato (con esame
relativo a 15 casi consecutivi) il valore semeiologico dell'esame del cavo
orale secondo i canoni tradizionali ed ipotizzato un trattamento con
ago-moxibustione, piante occidentali (Thymus vulgaris e serpillus) e Cinesi
(Astragalus membranaceus) in corso di AIDS.
Un altro lavoro italiano (Martucci-Rotolo) sull'uso di
agopuntura e delle piante medicinali è stato presentato a Parigi nel corso
della II Conference of World Federations Acupuncture Society, nel 1990.
Il punto sull'impiego dell'agopuntura-moxibustione nel corso
dell'AIDS è stato fatto sul World Journal of Acupuncture-Moxibustion (3, 3,
1994), prendendo come esempio gli studi dei proff. Zhou Meisheng, Jia Chunsheng
e Li Pengtao (Heibei College of TMC), considerati i maggiori esperti di questo
specifico settore.
Il riscaldamento con coni o sigari di Artemisia
(moxibustione) sui punti CV 4 e 6 e BL 43 è risultato il più efficace metodo
per aumentare il numero totale dei linfociti e quello di quelli OKT4 in
particolare.
Nel corso del 1995 un gruppo di esperti di MTC, provenienti
dall'Accademia Cinese di Beijing, si è recato in Tanzania dove ha trattato con
agopuntura-moxibustione, piante medicinali e ginnastica respiratoria (detta Qi
Gong) un gruppo di 158 pazienti affetti da infezione HIV. Dopo un anno di
terapia si è registrata la morte di solo 13 pazienti e l'indice di efficacia
(clinica ed ematochimica) è stata pari al 40% (nel 56,5% dei pazienti la
percentuale di Karnovsky è salita di 3.66 punti).
Questi dati (molto recenti e ben documentati) sembrano
confermare quelli di Lu Weibo (China Accademy of TCM, Beijing) che, nel 1994,
aveva notato (dopo sei mesi di terapia con piante e moxe) un miglioramento del
rapporto T4/T8 ed un incremento dei linfociti helper nel 31.1% di pazienti
trattati.
Gli studi più recenti, comunque, riguardano le piante
medicinali (scarse sono le ricerche in campo agopunturistico stretto, sia in
Cina che negli USA o in Europa). Un'ampia panoramica è offerta dal J. of. Trad.
Chinese Medicine, 15, Marzo, 1995.
Due ricercatori del Centro di Prevenzione AIDS di S.
Francisco (T. Sankary ed R. Siman Zhang), in collaborazione col Dott. Him Wing
Heung dell'Università Cinese di Hong-Kong hanno scoperto che 11 diversi tipi di
erbe medicinali (di quelle che la tradizione inserisce fra i principi che
"eliminano il calore tossico") sono in grado di inibire (blocco della
transciptasi) la replicazione dell'HIV. Alcune di queste erbe sono molto
diffuse, poco costose e del tutto prive di tossicità: Arctium lappa, Lonicera
jiaponica, Viola yedoensis, Lithospermum erytrhorhizon. L'indice terapeutico di
tali erbe, cioè il rapporto concentrazione subtossica/concentrazione inibitrice
minima, varia da 33 a 66, mentre quello dell'AZT è di 16.
Una pianta molto studiata è la Salvia meltiorrhizae da cui
si sono estratti principi capaci di inibire in vitro fino al 90% di virus sinciziale (Li Xiling della
Scuola Medica UCLA e Centro Medico Cedars Sinai). Il prof. Jin Enuyuan
dell'Ospedale dell'Amicizia Cina Giappone ha osservato che 12 principi
estraibili dalla Glycyrrhiza uralensis agiscono in modo protettivo
(antiradicalico) sulle cellule Molt-4-infette da HIV; mentre Guan Chongfen
dell'Accademia Cinese di Medicina Tradizionale ha mostrato l'effetto inibitore
(dal 30 all'80% in rapporto alla concentrazione) del Blupeurum chinensis nella
formazione del virus sinciziale.
Lo stesso ricercatore ed il prof. Yamamoto dell'Università
Yamaguchi in Giappone, hanno dimostrato che la glycyrrhyzina (estratta dalla
liquirizia cinese) è in grado di aumentare il numero di cellule formatrici di
placca nei topi, di favorire l'incremento di IL1 e 2 e di aumentare il numero
di T4 e T8. Quest'azione pare essere potenziata dall'Indigo naturalis.
In definitiva l'AIDS è una malattia ancora molto difficile
da trattare, ma l'integrazione fra medicina accademica e MTC può dare risultati
molto significativi sui tempi di sopravvivenza e sulla qualità della vita.
Due lavori recenti meritano una particolare segnalazione.
Nel primo (28) una polisaccina (NALR-1) estratta
dall’Indocalamus si è dimostrata, in vitro, dotata di attività antireplicativa
nei confronti del virus dell’AIDS (HLT-III). Si è trovato che NARL-1 può
inibire la replicazione virale in modalità dipendente dal dosaggio (IC50
=80mg/ml). L'inibizione è aumentata con il tempo di permanenza della sostanza
nella coltura. Sotto concentrazione non citotossica, l'inibizione alla
replicazione virale da parte del NARL-1 era 73.3%, 87.7% e 95.4% in 1, 3 e 4
settimane, rispettivamente. L'infettività del supernatante con la presenza del
NARL-1 si è ridotta 1000 volte rispetto a quella del controllo. Ma le cellule
MT-4 pretrattate con NARL-1 non resistono all'infezione virale. Conclusioni: Il
NARL-1 ha dimostrato effetti inibitori per la replicazione di HIV-1 nelle
cellule MT-4. Gli effetti antivirali di NARL-1 nelle cellule mononucleari del
sangue periferico ed il suo meccanismo antivirale sono in fase di ricerca.
La
seconda ricerca (29) ha dimostrato che ben diciassete piante cinesi sono
efficaci, a vari livelli, nel bloccare i ribosomi del virus HIV. Su 57 proteine selezionate la
tricosantina (TCS) (SI=193.3) e la tricobitacina (SI=300-900) del Trichosanthes
kirilowii, la alfa-momorcarina (alfa-MMC) della Momordica charantia (SI=332),
le frazioni proteiche V (SI=243) e VI (SI>1200) del Trichosanthes
damiaoshanesis, sono risultate incisivamente inibenti nei confronti della formazione di sincizia indotta
da HIV-1. La Crotina I dal Croton tiglium, la luffina dalla Luffa cylinarica,
la RIP dalla Hodgsonia macrocarpa e dell’Entada phaseoloides hanno dimostrato
una leggera inibizione della formazione di sincizi (SI<50). Semplici
estratti di proteine dalla Tricosanthes ovigera, dalla Momordica macrophilla e
da una pianta senza nome che cresce nel distretto di Xishuangabanna, provincia
dello Yunnan, hanno inibito la formazione di sincizi, ma le proteine purificate
da queste hanno perso queste attività.
Un’altra
ricerca del 2000 ha dimostrato che lo Cordyceps svolge un’incisa azione antiradicalica
e pertanto riduce l’accumulo di metaboliti acidi lesivi in corso di terapia
anteretrovirale (30)[***].
Vi
sono anche evidenze sull’utilità sintomatologia ed immunitaria del Qi Gong,
anche attraverso esercizi semplici e di facile attuazione (31).
In
conclusione una vigorosa azione immunomodulante ed antivirale è da ascrivere a
varie droghe vegetali, invece l'agopuntura può ridurre sintomi come diarrea,
anoressia, perdita di peso, albuminuria, linfoadenite ecc. A tal proposito si
segnalano due brillanti ricerche, della Sowen di Milano, realizzate in
collaborazione con ambulatori specialistici accreditati sia universitari che
stranieri ed hanno riguardato sia la neuropatia sensoriale che il prurito di
pazienti con AIDS. Tali lavori hanno dimostrato che anche trattamenti
standardizzati con un numero esiguo di agopunti possono risultare efficaci
anche se paragonati a farmici ritenuti attivi. Inoltre sarà possibile, in un
futuro molto prossimo, definire strategie integrate fra MTC e Medicina
Accademica, che non abbiano un semplice ruolo di sommazione, ma risultino
capaci di un autentico sinergismo.
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31. AAVV: Libro Bianco sull’Agopuntura e le altre Terapie della Tradizione Estremo-Orientale, Ed. SIA/CEA, Milano, 2000.
Un’ampia analisi è stata condotta nel 1997 da un gruppo di medici fitoterapeuti italiani (1) i quali, raccogliendo i dati scientifici più recenti, hanno stilato il seguente elenco di piante attive o potenzialmente attive in corso di AIDS:
-
Piante con
principi attivi ad azione antiretrovirale
Curcuma longa
Geissospermum vellosii (Pao pereira)
Glycyrrhiza glabra
Hypericum perforatum
Momordica Charantia
Trichosanthes kirilowii
-
Piante con
principi attivi ad azione Immunomodulante
Aloe vera
Astragalus membranaceous
Buxus sempervirens
Echinacea
-
Funghii
immunostimolanti:
Grifola frondosa (Maitake)
Lentinus edodes (Shitake)
Ganoderma lucidum (Reishi)
Uncaria tomentosa
Viscum album.
-
Adattogeni ad
azione immunomodulante
Eleutherococcus senticosus
Panax ginseng
Whitania somnifera
-
Piante
Medicinali impiegate nel trattamento di alcune malattie opportunistiche in
corso di AIDS
Allium sativum
Cannabis sativa
Melaleuca alternifolia (Tea Tree oil)
Tabebuia impetiginosa (Pau d’Arco, Lapacho spp.)
Molti rimedi vegetali appartengono alla tradizione estremo-orientale, ma altri sono tipici di terapie medicali in corso di forme infettive anche dell’area occidentale (2).
Un principio molto efficace, almeno in vitro, è l’estratto d’Echinacea angustifolia. Uno studio californiano del 1998 (7), ha dimostrato un incremento dell’attività dei Natural Killer contro cellule HIV-infette. La stessa ricerca ha dimostrato che 1g die di estratto di Echinacea in pazienti con HIV, incrementa i livelli di Natural Killer circolanti.
Un’altra ricerca statunitense ha riguardato una miscela erboristica composta da curcumina, melone amaro, estratto di radice di Glycyrrhiza glabra e foglie essiccate di Buxus sempevirens (il bosso), combinata con AZT, capace di determinare una rapida riduzione della carica virale (8). Anche la Melissa officinalis e la Satureia montana, in modo sinergico fra loro e di potenziamento con la Cannella, sono dotati di efficacia contro il virus dell'AIDS[‡‡‡].
In Germania è stato di recente testato un estratto acquoso di Viscum album (9).
La somministrazione di questo principio (Iscador Qu FrFâ) in aggiunta alla terapia antiretrovirale o come monoterapia, determina una stabilizzazione dello stato clinico degli HIV-positivi. Considerando questi risultati in relazione ai forti effetti collaterali che spesso si manifestano sotto terapia antiretrovirale come lo sviluppo di resistenza, si ritiene che la (mono)terapia con Iscador Qu FrF sia benefica nell'HIV.
Il
fumo di marijuana ed il tetraiidrocannabilo per os trattano efficacemente la
nausea, il vomito e l’anoressia in corso di AIDS (10-11).Una recente metanalisi
di Bianchi e coll. dimostra che varie sono le piante in cui è documentata una
specifica azione favorevole in corso di AIDS. Le più interessanti sono: Alium
sativum, Alore vera, Buxux sempervirens, Cucurcuma longa, Uncaria tomentosa.
Glycirrhiza glabra e Viscum album (12). Efficace sarebbe anche l’Hypericum che,
tuttavia., interferisce con i farmaci antiretrovirali. Di recente
Lancet ha pubblicato i risultati di uno studio farmacologico del “National Institutes of Health” sull’interazione fra un noto inibitore delle proteasi impiegato nell’infezione da
HIV e nell’AIDS (Indinavir; Crixivan) e l’iperico (Hypericum perforatum), una pianta medicinale diffusamente utilizzata anche in Italia contro la depressione e che sembra dotata di attività antiretrovirale (3). Lo studio è stato realizzato su volontari sani e ha evidenziato una forte riduzione della concentrazione ematica di Indinavir del 57% (DS 19); riduzione incrementatasi fino all’81% (DS 16) dopo 8 ore. Il range di riduzione della concentrazione ematica di Indinavir nei volontari sani è stato del 49-99%. Gli AA dello studio sottolineano che riduzioni di questa entità possono portare allo sviluppo di ceppi virali farmacoresistenti e a fallimenti terapeutici. E' opportuno segnalare che i ricercatori hanno utilizzato una formulazione di Iperico acquistata presso un buyers club di Los Angeles (Hypericum Buyers Club). I partecipanti allo studio hanno assunto giornalmente 3 compresse di Iperico titolato allo 0.3% di ipericina (uno dei principi attivi), per complessivi 2.7 mg giorno di ipericina. Da notare che questa è la posologia normalmente assunta anche in Italia, dove l'iperico viene diffusamente utilizzato come antidepressivo. La grande maggioranza delle formulazioni di Iperico in commercio in Italia sono titolate allo 0.3% di ipericina (con eccezioni di un prodotto titolato fino allo 0.6%) e la posologia più frequentemente indicata contro la depressione corrisponde a quella somministrata in questo studio di interazione hypericum-indinavir.
Sulla base dei risultati dello studio pubblicato su "The Lancet" la Food and Drug Administration, il 10 febbraio del 2000, ha prodotto un avviso rivolto ai medici e ai cittadini in cui segnala quanto appena riferito e, in considerazione del particolare meccanismo coinvolto (il citocromo p450), sottolinea che l’interazione coinvolge probabilmente non soltanto il Crixivan ma tutti gli inibitori della proteasi e gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa. Per questa ragione tutti coloro che utilizzano inibitori della proteasi [Saquinavir (Fortovase); Indinavir (Crixivan); Ritonavir (Norvir); Nelfinavir (Viracept); Amprenavir (Agenerase); e quelli in sperimentazione ed inibitori non nucleosidici della trascittasi inversa [Delavirdina (Rescriptor); Efavirenz (Sustiva); e quelli in sperimentazione non devono assumere in concomitanza dei prodotti a base di iperico (5-6).
Inoltre, per tutti, è necessario segnalare sempre al proprio medico che si intende (o che si stà utilizzando) dell'Iperico. In considerazione del coinvolgimento del citocromo 450 la FDA consiglia di prestare attenzione anche alle potenziali interazioni con farmaci utilizzati nelle malattie cardiache, depressione, epilessia, alcuni tumori o nella prevenzione del rigetto dei trapianti e della gravidanza (anticoncezionali). (4). Questo lavoro sottolinea la necessità, anche impiegando fitoprincipi, di non dimenticare che essi contengono sostanze chimicamente attive e che, pertanto, producono interazioni con i farmaci, a volte sinergiche e positive, a volto decisamente negative e da evitare (5-6).
Una più recente forma di fitoterapia medica basa il presupposto delle specifiche azioni dei rimedi vegetali anche (e soprattutto) sulla presenza di oligoelementi[§§§]. In corso di AIDS sono da utilizzare rimedi vegetali con oligelementi antidisreattivi, antiradicalici ed immunomodulanti (13-14). Seconda questa particolare impostazione i fiori d’Arancio amaro (ricchi in Manganese, Magnesio, Cobalto, Litio, Fosforo e Potassio) possono sostituire il controindicato Hypericm nelle distonie e nei disturbi dell’umore per paziente con infezione HIV, mentre il Ginepro (che contiene Potassio, Iodio, Litio e Fosforo) può essere utile in corso di astenia o per ridurre gli effetti tossici da terapia combinata antiretrovirale (13).
In
tal senso, comunque, mancano ancora osservazioni ben strutturate (14).
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Le ricerche in campo omeopatico hanno
principalmente riguardato la cosiddetta "immunomodulazione a dosi
infinitesimali", sistema terapeutico che impiega principi di regolazione
del network immunitario ed acidi nucleici (RNA e DNA[****])
diluiti e dinamizzati (1). La immunomodulazione omeopatica è frutto di ricerche
degli anni settanta-ottanta che hanno principalmente riguardato il campo delle
malattie autoimmuni (2) e neoplastiche (3).
Gli studi in corso d’AIDS sono ancora
esigui e realizzati fra il finire degli anni ottanti ed i primi anni novanta
(4). Alcuni gruppi di lavoro belgi (5-8) hanno dimostrato un miglioramento dei
quadri sindromici e dell'assetto immunitario (incremento dei linfociti) in fasi
precoci d’AIDS. Una revisione condotta presso la Facoltà di Medicina e
Chirurgia dell'Università di Vienna (4) su una serie di ricerche in doppio
cieco, dimostra che il trattamento mediante un prodotto ([††††])
che contiene, in diluizione omeopatiche, interferone alfa e gamma,
beta-2-microglobulina, eritropoietina, linfociti CD4, interleuchine 1 e 3,
naltrexone, ubiquitina, polipepdite P, tumor necrosis factor alfa, polipeptide
anti-antiatipia (PPA) RNA e DNA è in grado di:
ridurre di 2/3 le infezioni
opportuniste;
ridurre gli episodi di diarrea
prolungata;
ridurre le crisi febbrili del 50%
favorire un incremento del peso
corporeo (in media 3 Kg in sei mesi).
Considerando l'attuale suddivisione in IV stadi della Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, i protocolli dei primi anni novanta (partiti da ricerche in vitro e casi-controllo della metà degli anni ottanta) ci fanno ragionevolmente ritenere che l'immunomodulazione omeopatica è soprattutto efficace nelle fasi I-II della malattia e funziona solo da supporto in quelle più avanzate (linfoadenopatia generalizzata, infezioni intercorrenti, linfomatosi, sarcoma di Kaposi, ecc.) (4). Non vi sono comunque evidenze circa un'azione diretta della miscela immunomodulante sopraelecanta sul virus dell'AIDS (HTL-III o HIV) (studi dell'Università di Loviano) (4). Vi sono infine segnalazioni di arresto e regressione di Kaposi HIV correlati con l'utilizzo dell’immunoterapia omeopatizzata (9-10). Alcune ricerche hanno riguardato l’impiego di Viscum album all 2° Decimale che sembra incrementare la cenestesi e migliorare i parametri immunologici (11).
Una interessante ricerca è quella sui nosodi (12). I nosodi possono essere quelli "classici", e quindi prescritti sulla base di indicazioni desunte dalla storia clinica del paziente, quali una pregressa infezione gonorroica o sifilitica (Medorrhinum, Luesinum) sulla base di dati dell'anamnesi familiare (Carcinosinum) o ancora Tubercolinum nel caso di sospette infezioni da micobatterio. Le motivazioni che portano alla prescrizione appartengono tutte in qualche modo all'esperienza del trattamento costituzionale. Di potenziale interesse un lavoro in corso di svolgimento che utilizza Leprominium, il nosode della lebbra, identificato come un possibile simillimum per la patologia da HIV nel suo complesso[‡‡‡‡]. I nosodi vengono usati anche come autovaccinazione: si ricorre quindi a Candida albicans, Ebstein Barr virus, Toxoplasma gondii, Cytomegalovirus, Pneumocystis carinii, ecc., oltre ai più comuni Streptococci e Staphylococci. La somministrazione di questi prodotti viene di solito riservata ai casi acuti e intercalata con rimedi specifici della condizione patologica in atto; essi fungono pertanto come potenziatori dell'attività del rimedio omeopatico, come isopatici intesi a sbloccare una situazione di mancata o scarsa reattività, o come prevenzione delle forme ricorrenti (1,12).
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Una serie di segnalazioni recenti (1)
dimostrano che la melatonina, ormone
prodotto dall'epifisi, dalle cellule della parete intestinale e dai
megacariociti ed implicato, primariamente, nel controllo dei cicli
nicto-emerali (2), è in grado, attraverso azioni diverse immunitarie e redox,
nel migliorare le condizioni dei pazienti portatori di infezione conclamata
HIV. Sotto il profilo strettamente immunologico si è visto che la melatonina
incrementa il rilasclio di interleuchina 2 (3), gamma-interferone e tumor
necrosis factor alfa, determinando un aumento dei livelli circolanti di
Linfociti Helper-2 e Natural Killer (4), dei globuli rossi, delle piastrine e
degli eosinofili (1).
Tuttavia l'incremento di Interleuchina
2 e di risposta di tipo Helper-2 (5) controindica l'ormone nelle forme
terminali con sindrome da iper-IgE . Un'azione molto più significativa in corso
di AIDS si attribuisce all'efficacia antiradicalicali del polipetide pineale
(6).
Esso è in grado di attivare la sintesi
mitocondriale di ATP, riattiva le funzioni di drenaggio capillare ed incrementa
le riserve di glutiatione (attraverso un incremento di sintesi di
acetil-colina).Poiché molti danni in corso di infezione HIV sono da eccesso
radicalico, si ritiene che all'azione redox si debba l'efficacia della
melatonina in corso di AIDS (7).Conviene somministrare melatonina sintetica
(legata al vettore nucleotidici adenosina) a dosaggi di 3-30 mg/die. Il
dosaggio dipende dalla gravità dei quadri ma anche dall'eventuale impiego di
farmaci che ne riducono il livello, come: acido acetl-salicilico, ipobrufene,
beta-bloccanti, calcio-antagonisti, benzodiazepine, vitamina B12, caffeina,
tabacco, alcool (8). Secondo la FDA (1), l'insieme delle evidenze scientifiche
consente di affermare che:
la
melatonina incrementa del 35% i livelli dei linfociti Helper, del 57% di quelli
Natural Killer e del 76% di quelli ancora Nulli (T0), importanti per la sintesi
di immunoglobluline;
la
stessa svolge azione antiradicali e forse inibisce la replicazione retrovirale.
somministrata in pazienti con AIDS permette un buon controllo clinico riducendo i dosaggi di azidotimidina ed ilterleuchina-2, fatto molto rimarchevole in considerazione degli effetti tossici prodotti da questi due principi.
Circa il diidroepiandrosterone (DHEA) si è potuto dimostrare, in
uno studio su donne statunitensi con gradi avanzati di infezione (stadi
III-IV), un netto miglioramento della conta dei linfociti ed un aumento
significativo delle interleuchine immunomodulanti (IL1-a, IL1-b, IL-1ra, IL-2, TNF-a, IFN-gamma e IL-6)
(9). Un’altra recentissima ricerca
francese in doppio cieco randomizzato con l’impiego di 50 mg/die per os di DHEA
e DHEAS (solforato), ha mostrato una efficacia clinica statisticamente
significativa rispetto al placebo in donne e uomini con vari gradi di infezione
HIV (10).
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Una
corretta alimentazione che tenga conto delle caratteristiche individuali è in
grado di migliorare la performace immunitaria (1). Regole generali circa le
forme infettive riguardano l’impiego di diete bilanciate, ipercaloriche, ricche
in leguminose (1). Adamoli e
Durante, nel 1997 (2), hanno operato una ampia review sull’argomento. L'importanza della stato nutrizionale del paziente sia
adulto che pediatrico e' stata sempre riconosciuta fin dagli esordi
dell'epidemia. La nutrizione rimane una delle preoccupazioni per i clinici ed
uno dei campi di ricerca in cui ancona molte cose sono da chiarire.
L'equilibrio dei vari
metabolismi risulta comunque essere uno dei nodi cruciali per la prognosi e per
la qualità della vita delle persone che vivono con HIV e AIDS (1-3).
E' noto infatti che
la malnutrizione aggrava la prognosi della malattia, aumenta la prevalenza
delle infezioni secondarie ed i rischi di contagio, in particoIare
materno-fetale.
Se da una parte i progressi delle terapie combinate fanno cambiare la storia naturale della malattia e delle sue complicanze, I' immunodepressione e le infezioni secondarie vanno diminuendo e lasciando almeno in parte il campo libero per complicanze e patologie più croniche; dall'altra non si può escludere che i progressi terapeutici di cui ancora non si conoscono tutti i risvolti possano amplificare alcune turbe metaboliche particolari in questa malattia. II risultato clinico globale sarà in funzione delle predisposizioni genetiche individuali (2).
Da questa generica
affermazione proviene I' insistenza particolare sull'attenzione e la cura che
vanno all'argomento di cui trattiamo.
Argomento ampio e
complesso di cui qui si vuole mettere in risalto prevalentemente I' aspetto
riguardante i micronutrienti più comunemente coinvolti nell'infezione da HIV.
I micronutrienti sono
sostanze a cui raramente si presta attenzione e che e anche molto difficile
inserire in una terapia complessa o in uno schema dietetico. Eppure, il loro
ruolo è spesso fondamentale ed insostituibile (1). Sono strati fatti vari studi
con I' intenzione di comprendere quale fosse la relazione tra stato di
nutrizione e sviluppo dell'AIDS: per quanta riguarda la perdita di peso si è
visto che solo perdite significative nei 3-9 mesi precedenti I' evoluzione in
AIDS conclamato avevano un valore prognostico negativo. In uno studio
precedente (2) gli stessi autori avevano cercato ai stabilire una correlazione
tra l'apporto alimentare in micronutrienti e ritardo di evoluzione in AIDS.
Alla fine dello studio hanno dimostrato che un apporto scarso o eccessivo di
vitamina A erano sicuramente associati ad una più rapida evoluzione della
malattia. Anche un consumo elevato di vitamina C e di niacina erano associati ad
una migliore prognosi, mentre un eccesso di consumo di zinco aveva un effetto
immunosoppressore con più rapida evoluzione della malattia. Questi risultati
sono d'altronde confermati da altri due studi controllati condotti su centinaia
di pazienti in paesi in via di sviluppo, in cui si e' vista una diminuzione
significativa della mortalità tra i bambini che ricevevano una supplementazione
con Vitamina A, ma a dosaggi non superiori alle 5.000 UI/die. Studi effettuati
su una popolazione di 296 persone HIV positive monitorate per circa 6 anni,
hanno rilevato una riduzione statisticamente significativa del rischio di
sviluppare I'AIDS per persone che assumevano argento, vitamina E e riboflaiina
ed una diminuzione vicina alla significatività statistica per coloro che
facevano uso costante di vitamina C, tiamina e vitamina A. Una elevata
assunzione di vitamina A, riboflavina, tiamina e niacina era inoltre associata
nel predetto studio ad un significativo aumento dei Natural Killer, mentre una
elevata ingestione di vitamina A, retinolo, vitamina E, riboflavina e tiamina
era associata ad un ridotto rischio di avere un livello di CD4 inferiori a
500cellule/mm3 (2).
L'utilizzo di certe vitamine o minerali trova sicuramente un'indicazione nei casi in cui, data la scadere delle condizioni generali della persona, si assiste ad un reale deficit di queste sostanze. Più difficile da definire esattamente quale possa essere il ruolo dei singoli micronutrienti, se assunti da persone asintomatiche per lunghi periodi di tempo e se questa possa tradursi in un reale beneficio in termini di una minor progressione verso le fasi di malattia conclamata. In tal senso uno studio prospettico riguardante una popolazione di 296 persone HIV positive monitorate per sei anni ha rilevato una progressione verso I'AIDS significativamente più bassa tra coloro che assumevano micronutrienti quali vitamina A, E, C, PP.B1, Argento in diluizione omeopatica (1D) in soluzione glicuronica. Questi oligoelementi otre ad alcuni metalli quali zinco, selenio e rame, hanno sicuramente un ruolo nella conservazione della salute immunitaria della persona (2,4). Le regole nutrizionali dovranno poi basarsi sulle caratteristiche anche etniche e culturali dell’individuo (1,5). In effetti, mentre la dieta mediterranea sarà attuabile nel caso di individui italiani o spagnoli, sarà praticamente improponibili per anglosassoni o africani. Tuttavia una alimentazione con oli vegetali, senza grassi animali, ricca in cereali e brassicacee, che comprenda almeno tre pasti di pesce la settimana è sempre da considerare come utile. Naturalmente il caffè ed il fumo sono da sconsigliare, sia come “accumulatori” di sostanze ossidanti, che per la loro azione immunosoppressiva (1).
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L’ipertermia
corporea totale, ottenuta mediante scambiatori di calore extracorporei, con
circolazione extracorporea, ovvero mediante radiofrequenze o raggi infrarossi e
facendo raggiungere ai pazienti temperature attorno ai 42°C[§§§§],
si è dimostrata efficace nel migliorare i parametri immunologici e ridurre la
carica virale in pazienti affetti da AIDS (1). Alcuni studi hanno evidenziato
che quello dell’AIDS, al pari di altri virus capsulati, è termosensibile ed è
suscettibile di inattivazione replicativa soprattutto al di spora dei 37°C, con
una relazione lineare logaritmica di morte dai 37 ai 56°C. (2). Nel 1990 è stato dimostrato che una
esposizione di due ore a temperature di 42°C uccide effettivamente sia i virus
liberi (in concentrazioni di 800 ng/dl) che le cellule infettate. (3) Sempre nel ’90 Wong e coll. (5) hanno potuto dimostrare che
le cellule non infettate sono più termoresistenti di quelle colpite da
infezione da HLTIII (HIV). Lo stesso studio aveva inoltre dimostrato che
l’effetto termolesivo era potenziato, almeno in vitro, dalla presenza di Tumor
Necrosis Factor. Sulla scorta di queste osservazioni un gruppo italiano ha
trattato, sei anni fa, alcuni casi di sarcoma di Kaposi HIV correlato con
ipertermia totale e betacarotene segnalando eccellenti risultati sia immediati
che a distanza (5). Oggi si
ritiene, ma i dati sono ancora “sub judice”, che sia utile, come per le
neoplasie avanzate, operare nella direzione definita immunotermoterapia, ovvero
della combinazione fra principi immunostimolanti (interferone ed interleuchina
2, ad esempio) ed ipertermia (principalmente con infrarossi o radiofrequenze)
(1). I trattamenti in ipertermia in corso di AIDS e sarcoma di Kaposi
HIV-correlato sono effettuati, in Italia, presso Il Dipertimento di Oncologia
ed Ipertermia della Casa di Cura “Città di Pavia” e l’European Hospital di
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Ozonoterapia
L’infusione di sangue (autoemoterapia) ozonizzato in corso d’infezione da virus HLT-III (o HIV-1) è stata ampiamente studiata e presentata con toni miracolistici all’inizio degli anni novanta, quanto il fallimento della monoterapia con AZT faceva credere nell’ineluttabile irrefrenabilità dell’infezione (1).
Uno
studio pilota del 1994 (2) in pazienti che rifiutavano la terapia
farmacologica, mostrò che l’infezione non peggiorava ma l’ozonoterapia non era
da sola in grado di risolvere il problema. Attualmente l’impiego di terapie
multiple con due o più farmaci antireplicativi ed uno o più inibitori delle
proteasi ha cambiato l’andamento della malattia (3). Tuttavia la malattia in
sé, l’impiego di miscele di farmaci e di potenti immunostimolanti (come
l’interleuchina 2) inducono danni da accumulo radicalico in cui l’ossigeno-ozonoterapia,
sia attraverso l‘autoemotrasfusione che la sauna in gabina, possono risultare
(unitamente a zinco, selenio e dieta adeguata) di grande significato (4). Si
può ritenere che l’ozonizzazione del sangue autologo possa indurre la produzione
di proteina antivirale di Jay Levy, poiché produce incremento di chemiochine
(RANTES, MIP-1-alfa, MIP 1-beta) correlate con tale proteina antireplicativa
(5). Sulla scorta di quest’ipotesi si potrebbe, in futuro, procedere a
sperimentare allotrasfusioni ozonizzate, certo ponendo attenzione alle reazioni
trasfusionali o all’ancora più temibile “reazione contro l’ospite” (GVHD)
certamente mortale (1). Pertanto l’idea che l’ozono possa curare l’infezione da
HIV è puerile ed infondata, ma allo stato attuale l‘ossigeno-ozonoterapia può
essere di grande aiuto nel ridurre i disturbi dei pazienti portatori
d’infezione. In futuro, inoltre, conoscendo meglio i meccanismi d’azione di
questa terapia, si potranno anche ottenere risultati più significativi (1,4).
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Via
Comunità Europea, 12
67100
L’Aquila
Tel.
0862314666
Fax.
(preavvertire) 0862313500
E-mail:
amsaaq@tin.it
[*] Si veda la
Prefazione nel volume La Placa M.:
Introduzione alla Microbiologia Medica, I Ed., Ed. Esculapio, Bologna, 1979.
[†] Si
vedano:
-
Stylianou E., Aukrust P, Nordoy I., Muller F, Froland S.S. , Enhancement of lymphocyte proliferation induced by
interleukin-12 and anti-interleukin-10 in HIV-infected patients during highly
active antiretroviral therapy. APMIS 2000 Sep;108(9):601-7
-
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-
AAVV: Antiretroviral Therapy in Adults – Update
recommendations of the International AIDS Society-USA Panel. Consensus
Statement. Jama, Gennaio 2000;283(3):381-390
[‡] King V.L,. Kidorf M.S,. Stoller K.B.,
Brooner R.K.: Influence of
psychiatric comorbidity on HIV risk behaviors: changes during drug abuse
treatmen, J Addict Dis
2000;19(4):65-83
[§] Il progetto
europeo più importante è l’ELECTHIV2. Le finalità di questo progetto, che
rappresenta la continuazione d’ELECTHIV1, sono di approfondire l’indagine sul
complesso scenario delle forme di cura complementari qual è emerso dal primo
anno del progetto. Si tratta pertanto di ottenere un quadro aggiornato e
accurato del fenomeno dell’uso di forme di cura complementari tra le persone
con HIV o AIDS, e di indicare le principali carenze per quanto riguarda
l’informazione e la comunicazione in questo campo.
In particolare, gli obiettivi principali sono i seguenti:
·
Diffondere i risultati di ELECTHIV (primo e secondo anno)
nei confronti di tutte le parti interessate, e avviare un dibattito sui rischi
e i benefici delle forme di cura complementari nell’era delle terapie
antiretrovirali altamente efficaci.
·
Individuare con precisione le occasioni e le condizioni
d’uso di forme di cura complementari, le aspettative e i bisogni espressi dalle
persone con HIV.
·
Individuare i tipi di sostanze più frequentemente
utilizzati, specialmente rispetto al rischio di eventuali interazioni con i
farmaci.
·
Valutare l’influenza dell’uso di tecniche complementari
sull’aderenza dei pazienti alle terapie convenzionali basate sulle combinazioni
di farmaci antiretrovirali.
·
Analizzare la correlazione tra forme specifiche di cura
complementare e parametri di qualità della vita, nel tentativo di distinguere
le tecniche validabili da quelli che sono meri placebo.
Metodologia:
Il progetto prevede le due seguenti linee di azione:
Diffusione dei
risultati e avvio di un convegno aperto al pubblico con la partecipazione di
terapeuti, ricercatori e medici di entrambi i campi (convenzionale e
complementare), rappresentanti delle istituzioni, di organismi non governativi
e della comunità delle persone con HIV. ELECTHIV 2 fornirà un ulteriore
contributo alla ricerca per avvicinare la medicina ufficiale a quella non
convenzionale e spronare alla creazione di protocolli di ricerca in grado di
dare risposte concrete alle persone che necessitano di una presa in cura
integrata.
Oggi l’obiettivo è far si che, le persone con HIV, possano convivere con la
loro malattia e con le terapie per controllarla. La medicina naturale offre
molti strumenti per raggiungere tale fine , e tutti gli enti che si occupano
della salute , devono sentirsi invitati a collaborare affinché la sanità
pubblica garantisca servizi di terapie complementari pubblici e di alta
qualità. Anno di presentazione 1998- Inizio Settembre 1999- conclusione
Febbraio 2001. Paesi Europei coinvolti: Italia, Spagna, Germania, Grecia,
Inghilterra , Belgio Francia
[**] Un’analisi preliminare dei metodi etnomedici della tradizione africana è stata realizzata di recente, ma senza alcun dato relativo alla reale efficacia. Si ritiene, comunque, che l’uso di piante tradizionali possa ridurre l’incidenza e la gravità di infezioni da opportunisti. Vedi: AAVV: Traditional Medicine and AIDS, Lancet ,2000, 355: 1281 - 1286.
[††] Vedi: Perini
S.: Il miglioramento della qualita' di vita nei pazieti hiv positivi trattati
con agopuntura e moxibustione, Atti Meeting sul dolore in agopuntura ed oltre,
Jesi, 8-9 ottobre 2000, www.agopuntura.org/SIA.
[‡‡] Si veda: Chi-keong
O.: Death an the Maiden: A Portrait of AIDS, J. Altern. Complement. Med., 2000, 6(6): 485-491
[§§] Più di
recente è molto indicato il ruolo immunomodulante e stimolante l’appetito della
formulazione Bu Zhong Yi Qi Tang, che si è rilevata molto incisiva anche in
corso di pazienti neoplastici terminali.
[***] La pianta
comunque più indagata è la Trichosantes kirilowii, che come altre Cucurbitacee
svolge incisiva azione chemiotattica, antivirale e immunomodulante. Il
principio più attivo (sulla chemiotassi e la proteina G di attivazione dei CD4)
sembra essere la trichosantina. Si veda: Zhao J., Ben L.H., Wu Y.L. et al.:
Anti-HIV agent trichosantin enhances the capabilities of chemokines to
stimulate chemiotaxis and G protein activation,
and this mediated trough interation of trichosantin and chemochine receptors,
J. Exp. Med., 1999: 190: 101-111.
[†††] Vedi anche
citazioni nel testo
[‡‡‡] Si veda
soprattutto: Yamasaki K., Nakano M.,
Kawahata T. et al.: Anti-HIV-1 activity of herbs, Biol. Pharm. Bull., 1998, 21:
829-833.
[§§§] Si parla
anche di “Oligoterapia Globale”
[****] Salta agli
occhi la connessione con l’attuale impostazione dei principali clinici cinesi i
quali affermano che, in corso di AIDS, oltre ad eliminare i tossici e drenare
il calore occorre sostenere il Jing.
[††††] SVA della Wanda S.r.l..
[‡‡‡‡] Vi sono in
corso anche ricerche sulla Ciclosporina A come simillium dell’AIDS.
[§§§§] La tecnica va
attuata in anestesia generale, non è scevra di rischio e deve essere riservata
ai pazienti con attività cardiocircolatoria e respiratoria nei limiti della
norma