Regione Campania

ULS 01

Ospedale S. Paolo di Napoli

Dipartimento di Agopuntura e Fitoterapia

Responsabile: Dr. O. Iommelli

 

Callisto

Il Modello della Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI)

Guglielmo Lauro, Ottavio Iommelli[*]

 

Simbolica è la formulazione più chiara e
 caratteristica che si possa enunciare per il momento
 di una cosa relativamente sconosciuta

(Carl Gustav Jung, 1875-1961)


 

Riassunto: Nel corso degli ultimi anni numerosi studi concernenti le relazioni tra processi neuro-endocrini, psiche (comportamento) e fenomeni immunitari hanno evidenziato la presenza di flussi multidirezionali di informazioni tra i sistemi neuro-psichico, endocrino e immunitario. Tali flussi a loro volta sarebbero responsabili di complesse e vicendevoli attività regolative sui suddetti sistemi. Si sottolineano, dunque, gli aspetti introduttivi della PNEI osservandoli soprattutto secondo un’ottica olistica e con un approccio sia scientifico e meccanicistico che tradizionale e non convenzionale.

 

Parole chiave: psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), psiconeuroimmunologia (PNI), psiconeuroendocrinologia (PNE).

 

Summary: In the last years a large amount of studies about the relation among neuro-endocrinal process, psyche (behavoiur) and immune phenomena have pointed-out about the presence of multidirectional flows of informatiormations among neuro-psychic, endocrinic and immune system. Such flows, in their turn, would be responsible for complex and mutual regulative activities about the above-mentioned systems. So we emphasize the introductive aspects of PNEI observing them under a holistic viewpoint and with both scientific/mechanistic and traditional/non-conventional approach.

 

Keywords: psychoneuroendocrinoimmunology (PNEI), psychoneuroimmunology (PNE), psychoneuroendocrinology (PNE).

 


Fino a qualche decennio fa il sistema nervoso, il sistema immunitario e il sistema endocrino sono stati considerati e studiati in medicina convenzionale come sistemi dell’organismo indipendenti l’uno dall’altro. Tuttavia la medicina occidentale sta decisamente cambiando volto orientandosi ad un modello biomedico apertamente più olistico; e alle soglie del nuovo millennio appare pronta a superare la storica contrapposizione tra medicina moderna e antica, scientifica e tradizionale, ortodossa ed eterodossa attraverso la scienza della psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI)[†].

La scoperta della neuroimmunomodulazione, ovvero dei meccanismi attraverso cui il cervello e il sistema neuroendocrino modulano il sistema immunitario e reciprocamente il sistema immunitario influenza il cervello, ha creato nuovi ponti tra discipline diverse, quali la immunologia, endocrinologia, infettivologia, psicologia clinica, psichiatria, neurologia.

Il pensiero medico occidentale da un approccio empirico e sperimentale basato sulla riproducibilità dei fenomeni sta dunque via, via interiorizzando anche un modello analogico, binario e relativistico caratteristico delle medicine olistiche come la medicina tradizionale cinese (MTC)[‡].

Il modello analogico parte dal principio che siccome ci trasformiamo alla stessa maniera del mondo (macrocosmo), allora guardando il mondo si dovrebbe capire come è fatto l'uomo (microcosmo) e viceversa[§].

Appare opportuno a questo punto sottolineare che i modelli vanno intesi come criteri di approccio che servono a semplificare la realtà ai fini della comprensione mentale dei fenomeni[**]. Peraltro, sono i modelli che devono adattarsi alla realtà e non la realtà ad essi, e ciò giustifica la esigenza di ricorrere a più modelli[††].

La costruzione concettuale del modello della MTC è uno straordinario “codice” che con immagini semplici ci permette di operare le mosse giuste in una realtà straordinariamente complessa[‡‡]. È una sovrastruttura, un’interfaccia simbolica come il Sistema Operativo di un computer che ci permette di dialogare con la macchina muovendoci in uno spazio proiettato su un monitor e aprendo applicazioni anche se non sappiamo affatto ciò che stiamo realmente provocando all'interno del nostro PC e quindi ottenendo dei risultati reali nonostante abbiamo operato in modo virtuale e simbolico con un’interfaccia fatta di icone e finestre[§§].

Il pensiero scientifico occidentale, in effetti, ha cominciato a riconoscere la validità del modello analogico con lo studio e l’applicazione dei frattali (curve matematiche che costituiscono il sistema che meglio rappresenta l’andamento dei fenomeni biologici), ma anche grazie alle strette relazioni che intercorrono fra i principali sistemi di regolazione omeostatica (neuropsichico, endocrino, immunologico).

Non si vuole certamente sminuire l’importante ruolo dell’approccio medico cosiddetto “meccanicistico”, cioè il riferimento a quel modello che presuppone che vi sia una mente separata da qualche parte e un corpo-macchina costituito da una somma di organi che possono essere presi, studiati singolarmente, sezionati o sostituiti e poi rimontati e rimessi in funzione.

L’approccio meccanicistico sicuramente costituisce un modello valido che fornisce ottimi risultati soprattutto in ambito chirurgico, ma rimane un modello, una chiave di lettura ma non un passe-partout valido per rappresentare tutti i contesti nosologici.

Infatti, il modello meccanicistico non può spiegare fenomeni come l’”effetto placebo”. Ad es. se invece di dare dell’olio lubrificante al motore di un’auto diamo dell’acqua distillata si otterrà certamente il grippaggio del motore. Ma l’organismo umano non funziona così; ad es. se in una patologia dolorosa, facciamo finta di dare morfina, però in realtà diamo acqua zuccherata, nel 54% si avrà un risultato pari a quello della morfina. Ciò indica come le persone non si comportano come le macchine e che quindi il modello meccanicistico ha indubbiamente dei limiti.

Il modello analogico e olistico invece può spiegare questo tipo di risposte, sia razionalizzandole su un piano scientifico (come con la PNEI) sia dialettizzandole su un piano simbolico e tradizionale (Medicine Non Convenzionali come la MTC).

Ritornando al concetto del placebo va osservato che, sebbene sia riconosciuto che il Sistema Immunitario apprende e ha una memoria, fino a qualche tempo fa non era ritenuto possibile che tale sistema potesse apprendere in modo condizionato, vale a dire “associando” uno stimolo ad un altro; tuttavia è stato dimostrato che se nell’animale si associa più volte di seguito la somministrazione di un agente immunosoppressore quale la ciclofosfamide con un agente inerte come la saccarina, successivamente la sola somministrazione di saccarina è in grado di produrre una “immunosoppressione condizionata” con la produzione di anticorpi verso antigeni iniettati. Questo fenomeno potrebbe rappresentare un tentativo di interpretazione meccanicistica dell’effetto placebo, ma si tratta di un aspetto molto parziale del problema che prescinde dalla componente psiconeuroendocrina[***].

Lo sforzo principale per far sì che il modello analogico venga accettato in ambito scientifico consiste nel trovare sempre i riscontri oggettivi delle presunte relazioni analogiche (micro- macrocosmiche, micro- macroambientali, etc.); operazione questa non facile. Tuttavia l’applicazione del ragionamento analogico può essere utile per comprendere ad es. la relazione, sotto tale aspetto, fra sistema nervoso e sistema immunitario[†††]. Possiamo dunque ragionare nel seguente modo: come il sistema nervoso riceve stimoli sensoriali e risponde con comportamenti adatti all’ambiente, così il sistema immunitario riceve dall’ambiente sia esterno che interno, determinati stimoli significativi (stimoli antigene), ed emette risposte specifiche, strettamente in rapporto con le caratteristiche degli stimoli ricevuti[‡‡‡]. Una grossa differenza è certamente il livello operativo di funzionamento dei due sistemi: il cervello, infatti, opera principalmente nella regolazione delle interazioni “macroambientali” dell’organismo nel suo complesso, mentre il sistema immunitario opera a livello di interazioni “microambientali”. A questo punto risulta molto ragionevole che i due sistemi siano tra di loro in stretto contatto, si scambino informazioni e in qualche modo coordinino le reciproche azioni.

La fisiologia da parte sua ha provato che le cellule immunitarie possono ricevere e comprendere i messaggi provenienti dal sistema nervoso autonomo e per suo tramite dal cervello, attraverso fibre peptidergiche e adrenergiche del midollo spinale, che innervano il timo, il midollo osseo, i linfonodi ed il MALT (tessuto linfatico associato alle mucose)[§§§]. Peraltro, è accertata l’innervazione di tessuti linfoidi, dove la noradrenalina (di produzione midollosurrenale o dalle terminazioni del sistema nervoso vegetativo) modulerebbe la produzione anticorpale. Nondimeno si riconosce il ruolo fondamentale dell’ipotalamo nella modulazione della funzionalità immune.

L’anatomia ha, inoltre, rilevato in microscopia elettronica punti di contatto tra fibre nervose e cellule linfatiche dette sinapsi o giunzioni neuroimmunitarie (giunzioni strettissime larghe 6 nanometri, contro circa 20 nanometri delle normali sinapsi nervose).

Ricerche biochimiche hanno evidenziato la capacità di vari tipi di cellule nervose a sintetizzare immunomodulatori e immunopeptidi all’interno del cervello e del SNC. Tali cellule sono rappresentate da neuroni, astrociti, microglia, cellule endoteliali del sistema cerebrovascolare, macrofagi intrinseci e di derivazione ematica, linfociti T attivati. È inoltre stato dimostrato che peptidi immunomodulanti possono attraversare, mediante un sistema di trasporto attivo bidirezionale, la barriera ematoencefalica e passare dal compartimento generale a quello di alcuni distretti cerebrali e viceversa. Tra i principali mediatori peptidergici sono inclusi CRF, ACTH, TRH, beta-endorfine e met-enkefalina e peptidi endorfino-simili, neuropeptide Y, VIP, vasopressina, sostanza P, somatostatina, bombesina, colecistochinina, timosine, peptide connesso al gene della calcitonina, somatostatina, peptide istidino-isoleucina.

Per rimanere nell’ambito delle relazioni neuroimmunologiche, va rilevato che cellule del sistema immunitario producono sostanze dotate di azione modulatoria su cellule nervose ed endocrine; infatti è stato dimostrato che i linfociti producono e rilasciano ACTH, CRF, GH, TRH, prolattina, gonadotropina corionica, endorfine, enkefaline, sostanza P, somatostatina e VIP.

Quindi sistema immunitario e sistema nervoso producono alcune sostanze identiche e dunque, ritornando ad un ragionamento analogico possiamo intravedere una capacità sensoriale non solo nell’ambito del sistema nervoso, ma anche del sistema immunitario che risulta capace a livello dell’ambiente interno macromolecolare di percepire una potenziale minaccia (ad es. l’agente causa di un processo infettivo) e quindi avvertire il sistema nervoso; entrambi i sistemi poi, a vario livello, si attiveranno, talora anche in modo sinergico, producendo una risposta di stress che dovrebbe possedere per l’organismo un ruolo adattivo[****].

È importante sottolineare che molte cellule immunitarie possiedono recettori specifici per neuropeptidi; inoltre la maggior parte dei suddetti peptidi sono elettivamente sensibili all’azione di stimoli stressanti, sia di tipo fisico che puramente emozionale.

In vero le reazioni relative al ruolo adattivo (“stadio dell’adattamento” allo stress) quali l’aumentata produzione di ACTH, ipertrofia corticosurrenale e aumentata produzione di ormoni corticoidi, rappresentano la capacità individuale di difesa nei confronti dei fattori stressogeni. Si tratta di un periodo durante il quale l’organismo si adatta a sopportare l’azione svolta dall’agente nocivo (stressor) superato il quale compare lo “stadio dell’esaurimento” in cui l’organismo soccombe agli stressors. Infatti, lo stress cronico si concretizza in una persistente stimolazione della ghiandola surrenale con la produzione continua di cortisolo (il nostro cortisone endogeno); questo provoca un aumento della glicemia, riduce le proteine tessutali, dà ritenzione di sodio ed acqua, inibisce la reazione infiammatoria, riduce la massa muscolare ed ossea, riduce l'attività immunitaria con il calo di linfociti e di eosinofili, può provocare la formazione di ulcere gastroduodenali, aumenta i liquidi circolanti causando un sovraccarico per le funzioni miocardiche. È stato anche dimostrato che sotto tale stimolo cortisolico i monociti e macrofagi circolanti si riducono del 90% ed i linfociti circolanti si riducono del 70%.

Studi recenti hanno identificato nei neuropeptidi e nelle linfochine le molecole in grado di costituire il ponte di collegamento tra sistema nervoso centrale e sistema immunitario. I neuropeptidi sono molecole in grado di espletare un ampio ventaglio di funzioni; sono neuromodulatori ossia sostanze capaci di influenzare a vari livelli il processo di neurotrasmissione. Alcuni di essi sono sintetizzati in situ a livello neuronale e sono perciò definiti sinaptici; altri, definiti ormonali, sono prodotti di secrezione di ghiandole endocrine.

I suddetti riscontri sostengono le strette connessioni che intercorrono fra i sistemi immunitario ed endocrino; a questo punto va anche considerato un vero e proprio rapporto di dipendenza tra psiche e sistema immunitario; è noto, infatti, come stati ansiosi e depressivi rendano più vulnerabile il nostro sistema immunitario. Di fatto è stato provato da vari studi sperimentali che condizioni di stress emozionale, sia acuto che cronico, aumentano in generale il rischio di morbilità e di mortalità in animali stressati rispetto a gruppi di controllo anche in termini di patologia neoplasica. Peraltro, la relazione tra stress emozionale e patologia tumorale ha alle spalle osservazioni cliniche che risalgono molto indietro nei secoli. Galeno, ad es., segnalò come i tumori fossero secondo la sua esperienza più comuni nelle persone con temperamento “melanconico”. Lo stress emozionale, in effetti, altera sia l'immunità umorale che quella cellulare: riduce la reattività dei linfociti B, riduce la curva reattività-tempo, riduce e rallenta la sintesi di anticorpi, riduce la reattività dei linfociti T, ne rallenta la ricircolazione e la mobilizzazione, altera la produzione di interferone (la cui funzione generale è quella di proteggere l’organismo dai virus, d’inibire la crescita delle c. maligne e di regolare la risposta autoimmune)[††††].

La PNEI come disciplina può inserirsi nello studio soprattutto di patologie ad eziologia complessa e multifattoriale. Un esempio può essere la tendenza genetica al diabete mellito non insulino dipendente, in cui oltre alla necessaria componente biologica, si possono sommare un disagio psicologico (come ad es. la depressione) e uno stress sociale (come ad es. la perdita di una persona cara) contribuendo in tal modo a formare una serie di condizioni sufficienti a produrre la malattia (detta in questo caso biopsicosociale).

La PNEI, infine, può essere utilizzata per spiegare il funzionamento di tecniche di autoguarigione come la meditazione e il training autogeno. L’efficacia di tali tecniche meditative si basano verosimilmente sulla capacità di gestire lo stress; ciò attiverebbe di meno il sistema nervoso simpatico che è causa di ipertensione, aritmie, vasocostrizione delle coronarie ed altri eventi che possono produrre disturbi cardiovascolari. Inoltre, gestendo bene lo stress si hanno anche livelli più bassi di colesterolo perché la reazione di stress induce una "mobilizzazione" dei grassi aumentandone così la presenza nel sangue circolante. Infine, uno studio ha addirittura valutato il diverso impatto delle emozioni sul cuore documentando che le emozioni negative (senso di frustrazione, tensione, rabbia repressa) aumentano di due volte il rischio di una ischemia cardiaca, mentre le emozioni positive (senso di felicità e di autocontrollo) invece abbasserebbero il rischio.

In conclusione, l’elemento innovativo del pensiero medico corrente è il fatto che ci si sta rendendo conto che non si può trattare il corpo come un insieme di parti separate, e la PNEI rappresenta la disciplina che più di tutte ha aperto una breccia nella visione meccanicistica classica dell’uomo-macchina.

 

 

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[*] Si ringrazia il dott. Carlo Di Stanislao per la compilazione delle note al testo.

[†]In questo senso è nata e si va sviluppando la cosiddetta Medicina Funzionale, che cerca di spiegare le comunicazioni intercellulari ed interorganiche attraverso modulazioni psico-neuro-immuno-endocrine e, ancora, bioelettroniche e biocibernetiche. Si legga: Lazzarini C., Proietti L.: Manifesto Medicina Funziona, MF Medicina Funzionale, 2000, 3: 2-5.

[‡] Vedi: Capra F.: Il Tao della Fisica, Ed. Adelphi, Milano, 1984.

[§] Di Stanislao C.: I Principi dell'agopuntura Tradizonale, Convegno Ordine dei Medici di Padova, 28 ottobre 2000, Atti a cura O.M.C.O. di Padova, 2000, E-mail: [email protected]

[**] Sciacca F.: Elementi di Storia della Filosofia, Ed. Idelson, Napoli, Vol I, 1972.

[††] Popper K.: Scienza e filosofia, Ed. Einaudi, Torino, 1969.

[‡‡] Zukav G.: La danza dei maestri Wuli, Ed. Corbaccio, Milano, 1994.

[§§]  Popper K., Eccels J.: L'io e il suo cervello, Armando Ed., Roma, 1994.

[***] Hamer G.: Les foundamentes di'une nouvelle médicine, Ed. ASAC La Revoire, 1990.

[†††] Di Stanislao C. & Bologna G.: Stress e Immunità, TMA, 1990, 10: 45-47.

[‡‡‡] Lotti T., Bianchi B., Teofoli P.: Dermatological psyconeuroendocrine immunologuy, Neederland Tidshrift Voor Dermatologie & Venereologie, 1998, 8: 350-353.

[§§§] Giuliani M., Di Stanislao C., Lo Martire N. et al.: Un case de chelites plasmacelluaires chez un adolescente avec syndrome de Down-Melkersson-Rosenthal, Nouv. Dermatol., 1999, 18: 17-21.

[****] Mac Hadley E.: The Melanotropic Peptides, Ed. CRC Press, New York, 1998.

[††††] Wintzen M., Gilchest B.A.: Propiomelanocortin, in derived peptides, and the skin, J. Invst. Dermatol., 1996, 106:3-10.