Editoriale

 

“La verità non aiuta a soffrire meno,
ma ci mostra i limiti del dolore”

Jean Rostand

 

“L'inizio del pensiero è il disaccordo -

non solo con gli altri,

ma anche con noi stessi”

Eric Hoffer

 

“Le passioni fanno vivere l'uomo,
la saggezza lo fa soltanto vivere a lungo”

Sébastien-Roche-Nicolas de Chamfort

 

“Tutta la moderna concezione del mondo
si fonda sull'illusione che le cosiddette leggi naturali
siano le spiegazioni dei fenomeni naturali”

Wittgenstein

 


 

Nell'autunno 1811 Schopenhauer comincia a studiare autonomamente gli scritti di Kant fissando i risultati della sua approfondita riflessione critica in un quaderno, scritto negli anni 1812 e 1813, intitolato "Kant". Insieme al "fenomenalismo", ai principi fondamentali dell'estetica trascendentale, e alla dottrina del carattere intelligibile, Schopenhauer accetta, ancora pur con delle limitazioni, la dottrina delle categorie, concetti come senso interno e senso esterno, giudizi, differenza tra ragione e intelletto: caratteristici dell'impalcatura del pensiero kantiano, questi concetti sono alla base dei saggi giovanili schopenhaueriani. Per il resto rifiuta la filosofia di Kant, e talvolta anche molto aspramente. Schopenhauer si accorge sempre di più del fatto singolare che Kant, nella "Critica della ragion pura", ha sì costruito con cura la dottrina della categorie, ma si è occupato poco delle varie forme del principio di ragione. Kant ritiene possibile risalire dalla rassegna e dall'esame dei diversi tipi di giudizi ai corrispondenti concetti puri dell'intelletto, volti a priori agli oggetti dell'intuizione in generale. Le categorie, per il filosofo di Koenigsberg, sono appunto funzioni a priori dell'intelletto, il cui compito è di sintetizzare e unificare i dati dell'intuizione. Per quanto riguarda il principio proprio della ragione, significa trovare per la conoscenza condizionata dell'intelletto, quell'incondizionato con cui è compiuta l'unità di tale intelletto. Perciò la ragione non si riferisce mai direttamente all'oggetto, ma unicamente all'intelletto, non cerca quindi concetti di oggetti, ma solo li ordina . Da tutto questo risulta come il principio di ragione e il suo campo di applicazione siano ristretti all'intelletto, secondo quanto sta scritto nella Kritik der Reinen vernunft. Schopenhauer vuole fare ciò che Kant a suo avviso non ha fatto, dando al principio di ragione un ambito di applicazione più ampio, una quadruplice radice. La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, è appunto il testo della tesi di dottorato di Arthur Schopenhauer presentata nel 1813 all'università di Jena. Riteniamo fondata la sensazione che la Medicina Scientifica, ovvero il percorso scientifico della Medicina, abbia, come Kant, voluto imbrigliare in ragioni logiche e in categorie pure, ciò che l’intuizione e la sensibilità dettavano dall’esperienza[1]. Questa intellettualizzatone, questa centralizzazione a priori dell’intelletto, sembra aver condotto al gap “risorse-percezioni” che è il nodo cruciale del declino attuale della medicina scientifica, almeno  nella pratica e nella percezione dell’utenza. Intendo dire che, avendo creato una medicina tecnocratica e categorizzata (quasi diremmo “confessionale”), da un lato si sono enormemente migliorate le possibilità pratiche e tecniche di diagnosi e cura[2], dall’altro si è ridotto l’esercizio medico ad un procedere, molto spesso, con un paziente poco motivato e del tutto eterodeterminato. L’empatia più netta, il contatto più diretto, l’esperienza più intuituitiva delle Medicine Naturali, hanno dato la sensazione di una più umanizzata arte medica e, pertanto, condotto al successo (almeno numerico) attuale delle MnC[3]. Ma sia nel primo (Medicina Scientifica) che nel secondo caso (Medicine Naturali) siamo di fronte, di fatto, a delle illusioni. Riprendiamo Schopenauer e precisiamo questa dura affermazione. La ragione è la facoltà che rende possibile il collegamento tra concetti, cioè tra i giudizi, e la facoltà di connessione dei giudizi in deduzioni. L'attività propria della ragione è il pensare[4]. Inoltre il fenomeno è costituito di due componenti : la materia, che è il contenuto della sensazione, e la forma, che è il collegamento dei diversi dati sensibili secondo certi ordini e rapporti. Quest'ultima connessione è posta dal soggetto nell'atto stesso dell'intuire, a priori. Se, appunto a priori, rifiuto una medicina fredda e tecnologica e, pur tuttavia, sento la necessità, al mio fianco, di un medico, mi rivolgerò, senza alcuna accettazione critica, al curatore più prossimo all’idea di naturale che mi sono fatto. Ora, una scelta di questo tipo, non solo è istintiva ma, spesso, destituita da un autentico fondamento. Le Medicine Naturali non sono scelte, ma categorizzate come “diverse” rispetto a qualcosa che viene “rifiutato”. Tutto questo è inaccettabile, non solo (naturalmente) per la Scienza, ma anche per noi medici pur critici con il termine (ingessato e rigido) di scienza. I nostri sentimenti, affetti, passioni, in quanto sono da noi percepiti, sono indubbiamente oggetti per il soggetto e si deve tenerne conto nel rapporto medico-paziente. Ma essi, in quanto atti della volontà, sottostanno alla legge della motivazione e, questa legge, deve essere ben compresa nell’indirizzo di una scelta terapeutica. Assistiamo invece, con allarmante frequenza, a motivazioni indotte sulla scia di suggestioni emotive, che inducono a scelte irrazionali che non hanno alcuna “ragion sufficiente” per essere giustificate. L’articolo 12 del nostro Codice Deontologico (del 3 Ottobre 1998)[5] recita “Ogni prescrizione e ogni trattamento devono essere comunque ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche, alla massima correttezza e all'osservanza del rapporto rischio-beneficio… Sono vietate l'adozione e la diffusione di terapie segrete, scientificamente infondate o non supportate da adeguata sperimentazione e documentazione clinico-scientifica, oppure atte a suscitare illusorie speranze.” Di questo, in quanto medici, dobbiamo tenere debito conto.  Va infatti ricordato che il termine di deontologia deriva dai termini greci "to deon" : "ciò che deve essere e che si deve fare" e "logos" : "discorso, parola, scienza ". Nella storia della filosofia la parola deontologia è entrata nell’uso comune da quando il Bentham diede alla sua "Science of morality" apparsa nel 1834 il titolo di "Deontology". L’atto medico ha, da un punto di vista deontologico, una duplice giustificazione[6]. Da un lato la scienza del medico, cioè il suo sapere offerto al paziente e corretto dalla coscienza, intesa quale uso consapevole di questo sapere nell’interesse esclusivo del malato, dall’altro la volontà, liberamente espressa e non delegabile, dell’individuo che al medico si affida. Se, come detto - la deontologia medica si sostanzia nel rispetto della dignità e del decoro della professione garantite dall’indipendenza professionale e dalla libertà scientifica - ecco che viene a delinearsi in modo netto ed esauriente il significato vero dell’Ordine professionale inteso come organo che deve tutelare i principi costitutivi della dignità della professione. Circa le MnC l’interpretazione dell’Art 13 del Codice Deontologico si esprime con chiarezza[7]. La potestà di scelta di pratiche non convenzionali nel rispetto del decoro e della dignità della professione si esprime nell'esclusivo ambito della diretta e non delegabile responsabilità professionale, fermo restando, comunque, che qualsiasi terapia non convenzionale non deve sottrarre il cittadino a specifici trattamenti di comprovata efficacia. Inoltre, l’attuale orientamento del counselling e della umanizzazione medica[8], inducono la necessità di autodeterminazione del paziente e, pertanto, il medico deve informare, con ragionevole chiarezza e competenza, su effetti ed opzioni delle Medicine Naturali, in percorsi diagnostico-terapeutici integrati, complementari e, a volte, alternativi[9] [10]. Tutto il resto riguarda imbonitori e guaritori, che non debbono rispondere ad un preciso codice etico e a delle precise norme morali e che restano convinti di poter curare, guarire, prevenire tutto[11] [12]. Questo editoriale vuole essere una garentigia per chi, laureato in medicina, conosce le enormi possibilità, pratiche e di rapporto medico-paziente, insete nelle Medicina Naturali[13] [14], ma, al contempo, teme scelte insensate o indicazioni del tutto fideistiche, esaltate e fuorvianti. E qui vale la pena ricordare che per Feyerabend la scienza è certo una forma di conoscenza interessante, ma per niente esclusiva: una forma di conoscenza che presenta molti vantaggi ma che ha molti incovenienti[15].Non c'e' alcuna idea, per quanto antica e assurda, che non sia in grado di migliorare la nostra conoscenza. L'intera storia del pensiero viene assorbita nella scienza e viene usata per migliorare ogni singola teoria. Ma scientifica è una teoria ottenuta con e attraverso un metodo e non qualunque esagerazione vaga e solo genericamente affascinante[16].  La presa di coscienza del fatto che la scienza non è sacrosanta e che la discussione fra scienza e mito è cessata senza essere stata vinta né da una parte né dall'altra parte rafforza ulteriormente la causa dell'anarchismo. La scienza è quindi molto più vicina al mito di quanto una filosofia scientifica sia disposta ad ammettere. E tuttavia essa si da regole, obbedisce ad un’etica, esige una programmazione e delle scelte e cerca, sempre, la comprensione condivisa, non la seduzione di tipo inbonitorio. In caso contrario se ne decreta la cancellazione e la morte[17]. Vogliamo essere ancora più chiari. I dati europei ed italiani più recenti ci indicano una crescente richiesta di Medicina Naturale.  Quattro milioni di cittadini, secondo l'Istat, vi ricorrono su consiglio di oltre 5 mila medici, che prescrivono preparazioni ed attuano terapie in una trentina di ambulatori ancora riconosciuti. Il giro d'affari del settore è di 88 milioni di euro e un valore al consumo di 220 milioni. Sono questi i dati presentati al Sana, il salone del biologico svoltosi a Bologna nell’Ottobre 2003. Il consumatore tipo è donna, tra i 35 e i 44 anni, di scolarità medio-alta, residente più frequentemente al Nord, specie nel Nord-est. Anche i bambini, però, vengono curati con le medicine dolci, soprattutto con l'omeopatia. E secondo gli esperti, "il grado di soddisfazione è elevato. Il 70% dei pazienti - dicono - ha tratto beneficio dalle Mnc e un altro 17% segnala un risultato almeno parziale"¨. Tuttavia né questa né altre ricercheª ­ ci chiariscono quale grado di consapevolezza ed autodeterminazione vi è nelle scelte operate dai pazienti. Tutto questo, allo stato attuale, non possiamo più permettercelo come medici e dobbiamo operare nella direzione di una corretta educazione ed informazione che porti, come da molti auspicato, verso un’integrazione ed un superamento dei termini non-convenzionale o, addirittura, alternativo[18] [19] [20]. Non si può capire la scienza a prescindere dalle sue istituzioni, pratiche e rituali, nonché dai legami con le altre sfere del mondo della vita, dal quale gli studiosi traggono, peraltro, le proprie motivazioni esistenziali, il proprio «senso comune» e l’ immagine di se stessi in quanto scienziati. Ignorando tali aspetti, gli epistemologi hanno spesso fornito immagini della scienza estranee all’esperienza dei ricercatori. Noi Medici di MnC ci occupiamo di superare questa frattura, in senso “post-accademico”, ma sempre con il rigore deontologico della Scienza[21]. Non si può più ignorare o tacere di fronte a coloro i quali sostengono che Naturale è sinonimo di sicuro e privo di eventi avversi e reazioni secondarie. Da medici (lo ribadiamo), dobbiamo formare una coscienza ed una informazione adeguate, in grado di creare vera scelta ed autodeterminazione non emotiva, sottolineando che, ogni Medicina, comporta paradigmi, limiti ed effetti collaterali[22]. E’ questa, tornando a Schopenauer, “la ragion sufficiente” del nostro operato.  Come sottolinea in un suo intervento su Tempo medico· il direttore del Centro Cochrane Italiano, Alessandro Liberati, non può essere certo una dimostrazione di efficacia la semplice constatazione che alcune pratiche ricevono il consenso di parecchi milioni di italiani, dal momento che è falsa l’idea che i sondaggi facciano scienza e che nella scienza abbia ragione la maggioranza. Le terapie e gli interventi delle medicine non convenzionali devono e possono essere valutati utilizzando quesiti scientifici espliciti e puntuali congiuntamente a rigorosi metodi di ricerca condivisi; incorporando esiti misurabili e valutabili obiettivamente e riportando risultati rilevanti per i pazienti[23]. Ci siamo fatti carico (o almeno riteniamo) di verificare ed affrontare con rigore scientifico e senza pregiudizi questi argomenti, senza reticenze di sorta, né concessioni inutili e pericoloso alla richiesta indifferenziata di “naturale”. D’altro lato, l’immane progetto di abbracciare l’universo delle medicine nella ricerca di scopi comuni, che fa tremare e fibrillare alcuni[24], ci trova sempre entusiasti ed irriducibili sperimentatori. In mezzo a mille difficoltà e su una rotta invisa (tanto agli “scientisti” ortodossi, che ai “naturisti” confessionali e manichei), restiamo convinti che la medicina ha un privilegio ed una peculiarità: essere oggetto e soggetto di un approccio con la persona umana, dove contano in modo essenziale e singolare i rapporti, la comunicazione ed il contatto con le persone. Ma persone da informare e da trattare, eticamente, alla pari, a patto di intenderci su questo ultimo termine. Con Valerio di Cello riteniamo che il medico ha un ruolo sempre duplice: “curatore” e “ricercatore”. Si deve però precisare che l’atteggiamento neutrale che egli usa quando considera la patologia come oggetto di ricerca non può essere usato quando svolge il ruolo di curatore. In tal senso è necessario superare l’ambiguità che nasce da questo duplice ruolo e che può spingere il medico ad essere neutrale anche quando si occupa specificatamente del benessere del paziente[25].  Per quanto concerne l’alleanza terapeutica si deve dire che essa supera sia il mero consenso informato sia l’atteggiamento di far conoscere al paziente l’andamento della sua patologia. Il principio di alleanza terapeutica indica che, se pur con strumenti diversi, medico e paziente cooperano per raggiungere un comune obiettivo. In questo senso, vi è una reale partecipazione del paziente al processo terapeutico che lo spinge a reagire e ad essere presente in modo globale. In questo senso, medico e paziente si pongono sullo stesso piano e stabiliscono in accordo le strategie terapeutiche. È utile a questo punto porre qualche osservazione critica in riferimento alle scelte terapeutiche che il paziente può prendere anche in contrasto con quelle proposte e sollecitate dal medico curante. Quest’apertura alla libera scelta della cura da parte del paziente (principio di libera scelta della cura) ci porta inevitabilmente a dei dilemmi etici. Per esempio: se un paziente rifiuta una terapia farmacologia a vantaggio di una naturale (ed in cui il medico crede) e tale rifiuto conduce ad un peggioramento delle sue condizioni patologiche, in che modo deve agire il medico? Per uscire da questo dilemma etico non ci resta che sostenere una sorta di limitazione dei principi che abbiamo indicato: da un lato, non è possibile in tutte le condizioni accettare le scelte del paziente che potrebbero andare a suo svantaggio; dall’altro, il medico deve riuscire a calibrare la sua influenza, inclusa quella persuasoria, in modo da far comprendere al paziente, anche con qualche difficoltà, le ragioni degli interventi a suo beneficio. Sono questi dubbi, questi dilemmi, l’avvilupparsi di questi nodi e di queste contraddizioni che rappresentano l’intelaiatura più autentica di questa rivista e di questo sito.

Carlo Di Stanislao





Referenze

[1] Giulio A.: La teoria della causalità nel saggio 'Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente”,
 http://fc.retecivica.milano.it/~miriam.tedeschi/articoli/causalita.htm,
2003.

[2] AAVV: Medicina e biologia nella rivoluzione scientifica, Ed. Porziuncola, Assisi, 1990.

[3] D’Alpa F.: L'illusione del naturale. Naturopatia, suggestioni alternative e medicina scientifica, Ed. Montedit, Roma, 2002.

[4] Schopenhauer A.: Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, Ed. Adelphi, Milano, 1998.

[6] Barni M. (a cura di): Bioetica, deontologia e diritto per un nuovo codice professionale del medico, Ed. Giuffrè, Roma, 1999.

[8] Santosuosso A.: Libertà di cura e libertà di terapia. La medicina tra razionalità scientifica e soggettività del malato, Ed. Il Pensiero Scientifico, Roma, 1998.

[9] Bratman S.: Guida Critica alle Medicine Naturali, Ed. Zelig, Milano, 2003.

[10] AAVV: Guida alla medicina naturale. Dalla A alla Z, Ed. Selezione Reader’s Digest, Milano, 2001.

[11] Iannaccone E.: Ayurveda Maharishi. Una visione scientifica del più antico sistema di medicina naturale, Ed. Tecniche Nuove, Milano, 1997.

[12] Koehnemann A.K.: Guarire con la medicina naturale. Erbe, infusi, decotti, tinture, unguenti, antiche ricette e segreti dei conventi, Ed. Piemme, Milano, 1991.

[13] Lomusco A., Di Stanislao C.: Può la Medicina Cinese migliorare la Medicina Occidentale?, Bollettino Cardiologico, 2003, 1: 12-14.

[14] Di Stanislao C.: Riflessioni sul rapporto Medico-Paziente, Riv. It. D’Agpopunt., 2003, 107: 2-3.

[15] Di Stanislao C. et  al.: Introduzione alla Bioetica ed elementi di Epistemologia, Parti I-II, La Provincia Medica Aquilana, 2003, nn 104-105.

[16] Marinelli M.: Filosofia della scienza, http://fastnet.it/utenti/marinelli/filosof/feyer.html, 2003.

[17] Ziman J.: La vera scienza. Natura e modelli operativi della prassi scientifica, Ed. Dedalo, Bari, 2002.

[18] Paoluzzi L.: Verso una Medicina Biointegrata, Riv. It. D’Agopunt., 2003, 106: 3-4.

[19] Remuzzi G.: Disordine dei medici. Quelle cure (troppo) alternative, http://www.cicap.org/rubriche/silegge/silegge.php?./020614.html, 2002.

[20] FNOMCeO: Delibera e "linee guida" FNOMCeO su medicine e pratiche non convenzionali (27/5/2002), http://www.saluteeuropa.it/medicine/0005.htm, 2002.  

[21] Khun T.: Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, Ed. Raffaello Cortina, Milano, 2000.

[22] Cicerone P.E.: Naturale sì, innocue no, L’Espresso, 2003, 43: 206-211

[23] Fontanarosa P.B., Lundberg G.D.: Alternative medicine meets science, JAMA, 1998, 11;280(18):1618-1619

[24] Di Nola G.: Il Tempo della Medicina, le Libertà del Malato, l’Etica dei Valori, il pericolo di Frattali, http://www.qlmed.org/Scopi/DiMola.htm, 2003.

[25] Di Cello V.: Rapporto Medico-Paziente, Hiram, 2000, 1: 19-21.